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L'eredità della Cina - Fondazione Giovanni Agnelli

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Tradizioni religiose nella civiltà cinese: buddhismo e taoismo 167<br />

scritte da Michael Sullivan nel capitolo undicesimo, «L’arte cinese e il suo impatto<br />

sull’Occidente») scolpite sulle pareti dei monti <strong>della</strong> <strong>Cina</strong> settentrionale, mostrano<br />

nel modo più maestoso il potere di cui allora godeva la fede religiosa. Però, anche<br />

se neppure i violenti sconvolgimenti <strong>della</strong> rivoluzione culturale riuscirono a togliere<br />

tutte quelle statue dal paesaggio cinese, è innegabile che l’epoca di fede che le ha<br />

create è ine sorabilmente svanita.<br />

Nonostante la pretesa immutabilità <strong>della</strong> <strong>Cina</strong>, la condizione «dilui ta» <strong>della</strong><br />

religione cinese nei recenti secoli rappresenta solo l’ultimo sta dio di un processo<br />

storico lungo e complesso. Quando risaliamo nella storia cinese, possiamo non<br />

incontrare prove <strong>della</strong> profondità <strong>della</strong> fede religiosa altrettanto appariscenti come<br />

questi giganteschi Buddha, ma, come ha bene mostrato David N. Keightley nel<br />

capitolo secondo, «L’an tica civiltà <strong>della</strong> <strong>Cina</strong>: riflessioni su come divenne “cinese”»,<br />

gli archeologi ci forniscono le prove del potere dell’immaginazione religiosa cinese<br />

fin dagli inizi <strong>della</strong> civiltà. Keightley sottolinea l’importanza <strong>della</strong> fede re ligiosa<br />

nell’epoca Shang, e la recente scoperta di un complicato dipinto religioso su una<br />

bandiera funebre Han (circa 168 a. C.) mostra con qua le continuità i cinesi fossero<br />

affascinati dalla religione anche mille anni dopo la caduta dell’impero Shang. Il<br />

significato del dipinto Han, co munque, è tutt’altro che chiaro: è difficile trovare<br />

documenti scritti, pro venienti da quel periodo storico, che completino la testimonianza<br />

silen ziosa dei manufatti religiosi. Nonostante l’innegabile importanza <strong>della</strong><br />

religione nell’antica <strong>Cina</strong>, dal periodo classico non è giunto fino a noi alcun testo<br />

unitario di natura puramente religiosa. Certo, abbiamo vari antichi testi cinesi con<br />

forti connotati religiosi: l’I ching, il Tao-te ching di Lao Tzu e il Chuang Tzu 4 sono i più<br />

noti in Occidente. Ma questi testi erano giudicati dall’élite culturale cinese non per<br />

il loro valore di scritture sacre in sé, ma per gli insegnamenti che potevano dare sulla<br />

natura dell’universo, sulla condotta ideale <strong>della</strong> società, o anche sull’u so creativo<br />

del linguaggio. Negli stessi dialoghi di Confucio incontria mo una certa riluttanza<br />

ad addentrarsi in questioni religiose. Il seguace di Confucio, Hsun Tzu (secolo III a.<br />

C.) sostiene la tesi che qualunque sia lo scopo visibile delle pratiche religiose, il loro<br />

più importante effet to, dal punto di vista del pensiero confuciano è semplicemente<br />

il contri buto che danno alla stabilità sociale: idea che gli ha guadagnato il ri spetto<br />

degli antropologi sociali del secolo XX.<br />

L’atteggiamento di Hsun Tzu incoraggiò le manifestazioni «diluite»<br />

<strong>della</strong> religione nella società, a spese di altre che avrebbero potuto avere<br />

un effetto destabilizzante sulle istituzioni sociali. Il fatto che i confu-<br />

4 Si vedano le voci Libro dei mutamenti, Lao Tzu e Chuang Tzu nel Glossario.

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