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L'eredità della Cina - Fondazione Giovanni Agnelli

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La storia sociale <strong>della</strong> <strong>Cina</strong> moderna in una prospettiva comparata 283<br />

Guardano con allarme gli elementi perturbatori <strong>della</strong> società (giovani pre potenti,<br />

sfaccendati, servitori fuggitivi, imbroglioni a sfondo religioso)... Il vec chio modello<br />

(basato sulla vita di villaggio) di relazioni si spezza e non sono ancora emersi nuovi<br />

modelli adatti al mondo urbano... I sospetti sulle intenzio ni <strong>della</strong> gente in questo ambiente<br />

urbano competitivo portano al crollo <strong>della</strong> tradizionale rete di sostegno e di generosità...<br />

Non sembra più esistere un mec canismo efficace per risolvere... le contese...<br />

Teoricamente, un sistema di an ziani e di gruppi di aiuto reciproco (pao-chia) dovrebbe<br />

occuparsene, ma non funziona... La relativa impersonalità e la dimensione stessa <strong>della</strong><br />

vita cittadina portano i rapporti umani a infrangersi 6 .<br />

Alle spalle di questa dislocazione sociale c’è un’importante trasfor mazione nel<br />

tipo dei rapporti tra lavoratori e in quello delle organizza zioni del lavoro. A suo<br />

modo, la forza-lavoro cinese subì un processo di proletarizzazione non diverso<br />

da quello dei lavoratori dell’Europa oc cidentale. Fino al secolo XVII una parte<br />

significativa <strong>della</strong> forza­lavoro cinese viveva in condizioni di schiavitù <strong>della</strong> gleba,<br />

anche se non se ne conosce la percentuale esatta, che doveva certamente essere una<br />

mino ranza. In agricoltura, oltre ai piccoli proprietari coltivatori (i Ming era no giunti<br />

al potere alla fine del secolo XIV con un programma di terre ai contadini) e di fittavoli<br />

a contrattazione libera, c’erano anche grandi tenute agrarie (chuang) coltivate<br />

in parte da servi <strong>della</strong> gleba ereditari (nu-p’u) che avevano diritti di coltivazione sui<br />

loro campi ma non dispo nevano <strong>della</strong> libertà personale di lasciare il loro signore.<br />

Il codice Ming del 1397 limitava specificamente alla famiglia imperiale e ai membri<br />

del l’ aristocrazia uscita dagli esami il diritto di mettere in schiavitù i conta dini, ma<br />

con vari sotterfugi, come l’«adozion » di servitori da parte dei latifondisti, anche<br />

molti ricchi possidenti agrari disponevano di servi <strong>della</strong> gleba. Nelle manifatture,<br />

molti artigiani specializzati erano precettati dallo stato, che li faceva lavorare in<br />

fabbriche come le imperiali fornaci da vasellame di Chuing-te e le seterie imperiali<br />

di Soochow e Nanchino. Inoltre, in aree locali come Hui-chou nella provincia di<br />

Anhwei, la leg ge consuetudinaria permetteva certe pratiche come quella di tenere<br />

in schiavitù alcuni servitori per i lavori domestici.<br />

All’inizio del secolo XVII, vari processi cominciarono a contribuire<br />

a quella che finì per divenire un’emancipazione quasi completa. Per<br />

pri ma cosa, gli ultimi decenni dell’impero Ming videro molte piccole<br />

rivol te di servi <strong>della</strong> gleba e di artigiani urbani precettati, soprattutto nella<br />

6 Judith A. Berling, «Religion and Popular Culture: The Management of Moral Capi­ tal in “The<br />

Romance of the Three Teachings “» in David Johnson, Andrew J. Nathan e Eve lyn S. Rawski (a<br />

cura di), Popular Culture in Late Imperial China, Berkeley, University of California Press, 1985, pp. 195,<br />

204-05.

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