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L'eredità della Cina - Fondazione Giovanni Agnelli

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I re saggi e le leggi nella tradizione cinese e in quella greca 119<br />

per svolgere con responsabilità il proprio compito, e la gente doveva es sere educata<br />

a rispondere correttamente alle leggi, sottolineava Hsun Tzu, perché queste, anche<br />

nel caso che non fossero viziate da precon cetti, alla fine dovevano pur essere inter-<br />

pretate da uomini. Ma non so steneva affatto di lasciare libertà assoluta al governan-<br />

te: «Le leggi non possono stare in piedi da sole... perché quando sono applicate dalla<br />

per sona giusta, esse sopravvivono, ma se sono trascurate, scompaiono... La legge è<br />

la base del buon governo, ma l’uomo superiore è la base <strong>della</strong> legge» 35 .<br />

Il più famoso allievo di Hsun Tzu, Han Fei Tzu, il principale teorico politi-<br />

co dei legisti, è legato maggiormente al Signore di Shang che al suo maestro, nel<br />

suo pensiero sulla legge. È ancor più cinico di Hsun Tzu sull’efficacia del dominio<br />

dell’uomo e afferma che neppure i re sag gi potevano governare in modo autono-<br />

mo: «Solo grazie a leggi e tecni che potevano sorvegliare e applicare la giusta via» 36 .<br />

Osservò anche che le leggi funzionavano solo quando il governante aveva la forza<br />

di farle rispettare. Il Signore di Shang aveva centrato la sua attenzione sul ruo lo del<br />

governante come legislatore, ma Han Fei Tzu condivideva con Aristotele l’interesse<br />

per l’amministrazione pratica <strong>della</strong> giustizia e per il controllo dei magistrati. Ben co-<br />

noscendo la necessità di fornire mo delli pubblici in sostituzione di quelli personali<br />

e arbitrari, Han Fei Tzu affermò che nessuno, neanche il sovrano, poteva seguire<br />

i propri criteri privati, una volta formulate le leggi. Eppure, in altri passi del suo<br />

ma nuale sull’arte di governare, egli si destreggia con la tradizione per pre sentare<br />

gli antichi re saggi come non responsabili né di fronte al loro passato né rispetto a<br />

metri di giudizio fissi; questo per dare veste di tra dizione al diritto del sovrano di<br />

fare le leggi, tipico del governante <strong>della</strong> sua epoca. Il mondo di Han Fei Tzu era<br />

più violento e incerto di quello del Signore di Shang, ed egli era un pragmatico<br />

ancor più spregiudicato. Più di qualsiasi altro scrittore da me citato, Han Fei Tzu<br />

arriva quasi a giustificare il governante come un agente libero di reggere a propria<br />

35 Hsun-tzu, cap. 8, p. la (edizione Ssu-pu pei-yao). Si veda anche Homer H. Dubs [tra duttore], The Works<br />

of Hsiintze, London, Probsthain, 1928, e Burton Watson [traduttore], Hsun Tzu: Basic Writings, New York,<br />

Columbia University Press, 1963. È disponibile anche una traduzione accademica più recente: John Knoblock,<br />

Xunzi: A Translation and Study of the Complete Works, vol. 1, libri 1-6, Stanford, Stanford University Press,<br />

1988.<br />

36 Han Fei-tzu, cap. 8, p. 480 (Han Fei-tzu chi-shih, Shanghai, Chung-hua, 1958, 2 voli.). Per una traduzione<br />

completa delle opere di Han Fei Tzu, si veda W. K. Liao [traduttore], The Complete Works of Han Fei Tzu,<br />

London, Probsthain, 1959, 2 voli. Si veda anche Schwartz, The World of Thought in Ancient China cit., pp. 321-49,<br />

per un importante esame dei legisti in una prospettiva comparativa.

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