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L'eredità della Cina - Fondazione Giovanni Agnelli

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166 T.H. Barret<br />

6.500 cristiani, 2.500 musulmani, 1.500 confuciani, 1.000 taoisti e 1.099.000 atei,<br />

cifra di cui la stessa Mosca potrebbe andare fiera» 3 .<br />

Come sarà già chiaro, questo genere di statistiche è lungi dal ritrarre la realtà<br />

<strong>della</strong> situazione. I missionari cattolici del secolo XVII ebbero convertiti talmente<br />

devoti da allarmare, con il loro zelo, perfino coloro che li convertivano. I missionari<br />

protestanti del secolo XIX a volte ri masero stupiti dalla quantità di denaro spesa<br />

dai cinesi nelle loro prati che religiose. E, anche nel nostro secolo, quando i sociologi<br />

cinesi e quelli occidentali cominciarono a esaminare oggettivamente le prati che<br />

religiose cinesi, non riscontrarono affatto che i cinesi fossero in maggioranza atei.<br />

I sociologi trovarono che in <strong>Cina</strong> la religione non era altrettanto ap pariscente<br />

quanto nella società occidentale. Piuttosto, essa era «dilui ta», ossia così strettamente<br />

legata al funzionamento dello stato, <strong>della</strong> comunità locale e <strong>della</strong> famiglia, da far<br />

sì che nella società cinese man cassero i suoi rappresentanti indipendenti paragonabili<br />

ai sacerdoti del cristianesimo occidentale. Anche se c’erano monaci buddisti<br />

e preti taoisti, essi rimanevano isolati nelle loro comunità religiose o venivano<br />

chiama ti solo quando c’erano da svolgere particolari compiti. Così l’officiante, a un<br />

funerale cinese, svolgeva una funzione tecnica, ma, diversamente da un sacerdote<br />

o da un pastore cristiano, non offriva precetti, guida o consolazione. Quando un<br />

cinese cercava una guida spirituale, sapeva dove trovarla, ma le voci che invitavano<br />

la gente ad avere una vita più santa erano più disperse, meno stridenti.<br />

Queste osservazioni spiegano l’impressione ricevuta dai primi mis sionari europei<br />

che, nella vita quotidiana, i cinesi del XVII secolo fosse ro scarsamente religiosi<br />

secondo il metro di giudizio europeo. Però, alme no mille anni prima, i nestoriani<br />

venuti dal Medio Oriente, che furono i primi cristiani giunti in <strong>Cina</strong>, ne ebbero<br />

un’impressione assai diversa. Sappiamo che anch’essi vennero accolti con cortesia<br />

e che godettero di una completa tolleranza religiosa, ma la presenza, nei loro scritti,<br />

di ter mini presi a prestito dal buddhismo e dal taoismo ci mostra che erano entrati<br />

in un mondo di vivaci dispute religiose. Lungi dall’essere indif ferenti alle questioni<br />

religiose, come si pretende, i governanti cinesi del l’epoca tenevano dibattiti a corte<br />

tra i rappresentanti delle principali religioni e la gente si radunava in grande numero<br />

per ascoltare i sermoni dei predicatori più popolari. Il sentimento religioso pervadeva<br />

da tem po arte e letteratura. Ad esempio, le colossali statue del Buddha (de-<br />

3 Holmes Welch, The Buddhist Revival in China, Cambridge, Harvard University Press, 1968, p.<br />

210.

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