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L'eredità della Cina - Fondazione Giovanni Agnelli

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132 Karen Turner<br />

minare ciascun caso nei dettagli, presi però l’abitudine di rileggere ogni anno le<br />

liste nel mio palazzo, controllando il nome, la registrazione e il censo di ciascuno<br />

dei condannati a morte, e la ragione per cui gli era stata comminata la pena. Poi<br />

controllavo di nuovo gli elenchi, insieme con i grandi segretari e i loro aiutanti... e<br />

decidevamo chi risparmia re» 63 . La responsabilità militare per le decisioni di vita e di<br />

morte era solo uno dei compiti del sovrano, ma era considerato uno dei più importanti.<br />

Però, nel periodo Ch’ing, queste aspettative erano definite così chiaramente<br />

che qualsiasi monarca, indipendentemente dalla sua origi ne etnica, poteva svolgere<br />

bene il suo ruolo... se così voleva.<br />

La convinzione che il monarca potesse perdere il sostegno degli dèi se avesse<br />

abusato dei propri privilegi era un fattore destabilizzante per ché sottintendeva che<br />

la sua autorità fosse condizionata, ma la tradizio ne di ammonire il re attraverso la<br />

citazione di esempi storici diceva chia ramente quel che ci si aspettava da lui. Come<br />

si è visto, la teoria politica cinese prese forma in un’epoca di disordine creato da<br />

despoti locali, e nessun pensatore dotato di senso pratico poteva permettersi di<br />

giustifi care un governo basato soltanto sugli istinti di un re filosofo.<br />

Nel paragonare tra loro un concetto complicato come quello delle leggi in due<br />

culture diverse, dobbiamo stare attenti a notare anche le diffe renze, e non solo le<br />

somiglianze. Il particolare problema che i filosofi e gli statisti agli inizi <strong>della</strong> costruzione<br />

dello stato cinese si trovarono ad affrontare, e il repertorio di mito e di storia<br />

che avevano a disposi zione per risolverli, era tipicamente cinese. Nella <strong>Cina</strong> antica<br />

non c’era no tribunali, non c’erano avvocati, non c’erano istituzioni per giudicare e<br />

punire un governante che violasse le leggi <strong>della</strong> sua comunità. Ma l’e ra classica, in<br />

<strong>Cina</strong>, produsse una ricca messe di scritti che avvertivano il monarca: se avesse preso<br />

le decisioni arbitrariamente, senza rispetto per la Legge, non avrebbe più avuto<br />

il sostegno <strong>della</strong> comunità. Quella che Max Weber chiama «coercizione psichica<br />

», cioè la paura dell’ostra cismo <strong>della</strong> comunità, ebbe una forte influenza su alcuni<br />

monarchi cine si. Negli scritti storici incontriamo molti casi in cui il sovrano diede<br />

ret ta all’avvertimento dei ministri che i tradizionali ideali <strong>della</strong> monarchia avevano<br />

la precedenza sulla volontà dei singoli re, soprattutto in que stioni di guerra e di<br />

condanna. La considerevole longevità del sistema imperiale cinese doveva molto<br />

alla definizione di sovranità responsabile che emerse nel periodo formativo dello<br />

stato imperiale. Il buon governo in <strong>Cina</strong>, in definitiva, si basava su un equilibrio<br />

flessibile tra la certezza <strong>della</strong> legge e la discrezione dei governanti e dei loro devoti<br />

ministri<br />

63 Jonathan Spence, Emperor Of China: Self Portrait of K’ang hsi, New York, Knopf 1974, pp<br />

32-33 [trad. ital., Imperatore <strong>della</strong> <strong>Cina</strong>, Milano, Adelpi 1986]

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