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L'eredità della Cina - Fondazione Giovanni Agnelli

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118 Karen Turner<br />

me priorità uno stato che possa funzionare con ordine ed efficienza, non un regime<br />

che segua i capricci del re. Per lui, il sovrano non è superiore alle leggi né esonerato<br />

dal rispettarle, ma è nello stesso tempo una fonte di Legge e un servitore delle<br />

migliori leggi esistenti. Il Signore di Shang condivideva l’idea dei greci e dei confuciani<br />

che le leggi troppo rigide e fisse potevano ostacolare le riforme. Nonostante<br />

le affermazioni con trarie che si incontrano presso vari autori, non ritrasse mai il<br />

sovrano come un despota capriccioso, che emanava le leggi arbitrariamente, per i<br />

propri fini.<br />

Che cosa c’è dunque di così radicale nel pensiero del Signore di Shang?<br />

Dopotutto, era più interessato a valutare il contenuto di una tradizione che a cancellarla<br />

in toto. Ma, come Platone, credeva che tollerando sen za criterio i vecchi<br />

miti si sarebbe frustrata ogni speranza di adattare il governo alle circostanze <strong>della</strong><br />

sua epoca. Un moderno interprete <strong>della</strong> teoria platonica dello stato descrive questo<br />

aspetto <strong>della</strong> filosofia di Pla tone, radicale per il suo tempo, in termini che si potrebbero<br />

applicare perfettamente alla posizione del Signore di Shang nei riguardi <strong>della</strong><br />

tra dizione: « [Platone] dichiarò che costruire la nostra vita politica e mora le sulla<br />

tradizione era come edificare sulle sabbie mobili. Chiunque con fidi nel semplice<br />

potere <strong>della</strong> tradizione, chiunque proceda solo per pra tica e routine, dice Platone<br />

nel Fedro, si comporta come il cieco che de ve farsi strada a tastoni... Invece si deve<br />

avere una Stella Polare, un prin cipio guida del nostro pensiero e delle nostre azioni.<br />

La tradizione non può svolgere questo ruolo, perché anch’essa è cieca» 34 .<br />

La più equilibrata e raffinata impostazione del problema del domi nio dell’uomo<br />

o del dominio <strong>della</strong> legge si trova negli scritti di Hsun Tzu (298­238 a. C.), un<br />

pensatore confuciano che ebbe discepoli legisti. Hsun Tzu condivise l’interesse di<br />

Aristotele per il funzionamento prati co del governo ai livelli più bassi, forse a causa<br />

dell’incarico di magistra to da lui svolto nell’ultima parte <strong>della</strong> sua vita. Nei suoi scritti<br />

troviamo ben poco <strong>della</strong> fede ottimistica dei confuciani nella bontà dell’uomo. Ma,<br />

come Platone, anche Hsun Tzu finì per avvicinarsi al concetto di gover nante come<br />

asse di un governo ben funzionante perché credeva che le circostanze prodotte<br />

dagli esseri umani fossero troppo varie per essere prevedibili da leggi fisse. Se esisteva<br />

una legge applicabile a una data situazione occorreva applicarla, secondo Hsun<br />

Tzu, e se non esisteva occorreva riferirsi a una analoga. Il governante, che in caso<br />

di necessità fungeva da interprete delle leggi, doveva essere aiutato da consiglieri<br />

34 Questa interpretazione del pensiero platonico è di Ernest Cassier, The Myth of the State,<br />

New Haven, Yale University Press, 1946, pp. 72-73

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