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L'eredità della Cina - Fondazione Giovanni Agnelli

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L’arte cinese e il suo impatto sull’Occidente 305<br />

Possiamo provare altrettanto chiaramente il senso <strong>della</strong> vita, espres so nel movimento<br />

e nella linea, anche nei vasi. Se paragoniamo tra loro un’anfora greca e un<br />

vaso cinese, ad esempio, <strong>della</strong> dinastia T’ang (si vedano le figg. 24 e 25), troviamo<br />

nella prima una perfezione e una sim metria formale completamente realizzata, e<br />

perciò un poco statica. Il vaso T’ang, invece, è pieno di difetti e lo smalto è disuguale.<br />

Ma ha vita. Prendiamo in mano un vaso T’ang. Oltre a sentire le superfici<br />

e le masse, la curva rigonfia e il collo svettante, e a trovare gradevole alla vista<br />

il flusso naturale dello smalto lasciato scorrere sulla terracotta, pos siamo anche<br />

seguire con la punta delle dita il movimento delle mani del vasaio, quando le ha<br />

premute sulla creta per darle vita. Nelle ceramiche dipinte Tz’u-chou <strong>della</strong> dinastia<br />

Sung, queste caratteristiche sono ulte riormente esaltate dalla pennellata del pittore<br />

che, muovendosi libera mente sulla superficie, le ha dato un’ulteriore dimensione<br />

di vitalità (si veda la fig. 26). Quando nelle successive dinastie il vaso di porcellana<br />

divenne semplicemente una superficie bianca, morta, su cui il decorato re dipingeva<br />

uccelli e fiori, come se si fosse trattato di un foglio di car ta, i vasi vennero a perdere<br />

una parte <strong>della</strong> loro vitalità, per bello che potesse essere il dipinto sulla superficie.<br />

Lo stesso movimento libero <strong>della</strong> mano dell’artigiano che stringe il pennello<br />

valeva per la decorazione delle lacche, a partire dalla dinastia Han e probabilmente<br />

da ancor prima, e su un vaso Han di bronzo i mo tivi intarsiati in oro e argento riecheggiano<br />

le spire e le volute del deco ratore <strong>della</strong> lacca. Su un’impugnatura di bronzo<br />

<strong>della</strong> dinastia Han (si veda la fig. 27) l’intarsio d’oro, argento e pietre dure crea<br />

forme semia stratte di grande bellezza: movimenti ondeggianti che, con la semplice<br />

aggiunta di piante e alberi, di uccelli e di tigri o di cervi che saltano, pòssono essere<br />

«letti» come nubi, montagne o onde. Questo linguaggio formale vivo e ritmico venne<br />

adottato anche da coloro che disegnavano il retro degli specchi di bronzo. Compare<br />

anche nei motivi dei tessuti e dei ricami Han trovati nelle sabbie del deserto di Loulan<br />

e Noin-Ula e nelle tombe sommerse di Ma-wang-tui nei pressi di Changsha.<br />

Da questo linguaggio formale basato sul movimento ritmico <strong>della</strong> mano dell’artigiano<br />

nasce la bellezza essenziale <strong>della</strong> pittura cinese. Ma se il linguaggio formale <strong>della</strong><br />

pittura cinese deriva almeno in parte da attivi tà artigianali, come la decorazione a lacca,<br />

che hanno poco a che vedere con l’arte rappresentativa, il significato di quel linguaggio<br />

deve essere cercato altrove, nel campo <strong>della</strong> metafisica, <strong>della</strong> filosofia e <strong>della</strong> poesia.<br />

Nel breve spazio di questo capitolo posso soltanto accennare alla ricchezza<br />

dell’eredità <strong>della</strong> pittura cinese. Il suo campo stilistico e tecnico<br />

è assai più grande di quanto non immaginino generalmente gli occiden-

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