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L'eredità della Cina - Fondazione Giovanni Agnelli

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L’antica civiltà <strong>della</strong> <strong>Cina</strong>: riflesioni su come divenne “cinese” 51<br />

dalla Mesopotamia e dalla Grecia. Non c’è alcun equivalente cinese del la testa di<br />

bronzo che forse rappresenta re Sargon il Grande, non c’è nessuna versione cinese<br />

di un Poseidone di bronzo formato naturale, nudo ed eroico. Nel Neolitico, nel<br />

periodo Shang e nel Chou Occiden tale, la tradizione iconografica fu, con poche<br />

eccezioni, profondamente non naturalistica. L’affermazione di Gombrich, «il fare<br />

viene prima del copiare» 20 , non vale solo per i disegni dipinti sui vasi neolitici cinesi,<br />

ma continuò a essere vera fin quasi al termine dell’Età del Bronzo. Qua lunque<br />

cosa rappresentassero le cosiddette maschere di mostri dei bron zi Shang e Chou<br />

(si veda ad esempio la fig. 20) — e non è chiaro se in tendessero «copiare» qualche<br />

animale esistente — erano per prima cosa espressioni magico-estetiche di forma,<br />

simmetria, e di un ordine quasi dittatoriale.<br />

L’interesse per l’ordine generale invece che per la descrizione del par ticolare —<br />

che si manifesta nelle prime estetiche, nei rituali sociali e nel la filosofia dell’antica<br />

<strong>Cina</strong> — si può anche vedere, e qui ritorniamo a uno dei nostri vecchi temi, nelle<br />

rappresentazioni <strong>della</strong> morte. Nessuno dei primi testi cinesi ci fornisce particolari<br />

vividi, non edulcorati, come quello del verme che striscia fuori dal naso del cadavere<br />

di Enkidu nel Gilga mesh o del cervello che esce dal cranio dopo un colpo mortale<br />

e scivola lungo la lancia, nel libro diciassettesimo dell’Iliade. Il relativo distacco dai<br />

particolari materiali può essere visto come un’ulteriore espressione dell’« ottimismo<br />

epistemologico» di cui si è già parlato, come disponibi lità ad abbracciare idee che<br />

dipendevano più dal costume sociale e da ca tegorie generali che non da un’analisi<br />

rigorosa e da una descrizione precisa.<br />

Esteticamente e socialmente, i cinesi non mostravano quello che è stato<br />

chiamato «l’istinto a personificare dei greci», ossia l’istinto che ha reso tanto<br />

ricco di personalità — e tanto non cinese — il mito greco 21 . Infatti, se si dovesse<br />

descrivere con una sola parola l’antica estetica del la <strong>Cina</strong>, e anche la sua<br />

filosofia, sceglierei il sostantivo «immanenza». Con questo termine intendo riferirmi<br />

alla tendenza a concentrarsi sul significato simbolico di un evento — significato<br />

che di solito è morale o emotivo, e spesso esprime qualche ordine normativo<br />

— anziché coglierne le caratteristiche esistenziali per se stesse e ricavarne<br />

conforto o illumi nazione. Questa «immanenza» non ha niente a che fare con le<br />

astrazio ni o le idee dei dialoghi di Platone: nel caso cinese è del tutto immanen-<br />

20 E.H. Gombrich, Art and Illusion: A Study in the Psychology of Pictorial Representa tion, Oxford,<br />

Phaidon, 1977, p. 99 [trad. ital., Arte e illusione, Torino, Einaudi, 1972 2 ].<br />

21 L. R. Farnell, Greek Hero Cults and Ideas of Immortality, Oxford, Oxford University Press,<br />

1921, p. 359.

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