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L'eredità della Cina - Fondazione Giovanni Agnelli

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20 Jonathan Spence<br />

Le contraddizioni successive, nell’immagine che <strong>della</strong> <strong>Cina</strong> si faceva l’Occidente,<br />

sorgono anche dal fatto che, proprio in quel momento in Europa l’intero<br />

ordine gesuita cadeva politicamente in sospetto e dove va difendersi dagli attacchi<br />

dei pensatori laici da un lato, e dei gianseni sti dall’altro, e perdeva l’influenza di cui<br />

precedentemente aveva godu to in <strong>Cina</strong>: in altre parole, durante il secondo quarto di<br />

secolo del Sette cento, alla fine del regno dell’imperatore Yung­cheng e all’inizio del<br />

re gno dell’imperatore Ch’ien-lung, i libri in cui i gesuiti avevano analizza to la <strong>Cina</strong><br />

raggiungevano il massimo dell’influenza. In parte questa era dovuta al fatto che la<br />

<strong>Cina</strong> diventava isolazionista e limitava a un mini mo le possibilità degli stranieri di<br />

viaggiare e di commerciare; le storie dei gesuiti conservarono il loro fascino perché<br />

erano resoconti di prima mano. Ma parte <strong>della</strong> loro influenza era dovuta al fatto<br />

che vari pensa tori francesi dell’Illuminismo, da Pierre Bayle a Voltaire, avevano utilizzato<br />

i dati contenuti nei libri dei gesuiti — in particolare l’esistenza di una società<br />

cinese morale ma chiaramente non cristiana — per critica re il ruolo svolto dalla<br />

Chiesa nella società europea del tempo. Nei suoi scritti, Voltaire lodò i cinesi per il<br />

loro «deismo naturale». Due esempi, Essai sur les moeurs et l’esprit des nations e Orphelin<br />

de la Chine, il primo un libro di storia e il secondo un dramma per il teatro, entrambi<br />

termi nati nel 1750, illustrano l’atteggiamento tenuto da Voltaire nell’affron tare la<br />

<strong>Cina</strong>: nel primo si fa partire dallo stato cinese la storia <strong>della</strong> civil tà, e nel secondo si<br />

spiega come il cuore di pietra di Genghis Khan si lasciasse addolcire dalla purezza<br />

morale dei gentili cinesi.<br />

Occorre un notevole sforzo di immaginazione per capire lo shock pro vato dai<br />

lettori di Voltaire nel veder iniziare la storia del mondo con la cronologia cinese<br />

anziché con quella biblica. L’equazione di Bouvet ve niva rovesciata, nelle parole<br />

con cui, in tono di sfida, iniziava l’Essai: «L’impero cinese, a quell’epoca, era più<br />

vasto di quello di Carlo Magno». Proseguendo, Voltaire lodava le leggi <strong>della</strong> <strong>Cina</strong>:<br />

«Negli altri paesi, le leggi sono usate per punire i crimini; in <strong>Cina</strong> esse fanno di più:<br />

premiano i vir tuosi». Quanto a Confucio, «la sua moralità è pura, austera e nello<br />

stes so tempo umana come quella di Epitteto», e lungi dal professare l’atei smo, i<br />

cinesi hanno una loro propria visione del regno dei cieli: «Il gran de malinteso relativo<br />

ai riti dei cinesi nasce dal fatto che giudichiamo le loro pratiche alla luce delle<br />

nostre: trasferiamo all’altro capo del mondo i pregiudizi che nascono dalla nostra<br />

natura sediziosa» 5 .<br />

The French Image of China before and after Voltaire, Genève, Institut et Musée Voltaire, 1963; David Mungello, Leibniz<br />

and Confucianism: The Search for Accord, Honolulu, University of Hawaii Press, 1977.<br />

5 Voltaire, Essai sur les moeurs et l’esprit des nations, Paris, 1771, pp. 1, 13, 31, 33 e 36.

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