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L'eredità della Cina - Fondazione Giovanni Agnelli

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368 Glossario<br />

far uscire dal paese i metalli preziosi con cui la Compagnia voleva essere paga- ta,<br />

ma all’inizio del secolo XIX i commercianti inglesi cominciarono a importa- re<br />

illegalmente grandi quantità di oppio nella <strong>Cina</strong>, grazie all’appoggio di fun- zionari<br />

corrotti. La conseguente perdita di monete d’argento costituì una cre- scente<br />

preoccupazione per la corte, e infine, nel 1839, il governatore <strong>della</strong> pro­ vincia distrusse<br />

tutto l’oppio dei commercianti inglesi contenuto nei magazzini di Canton.<br />

L’antagonismo aumentò ulteriormente quando alcuni marinai in- glesi uccisero un<br />

cittadino cinese e il governo inglese si rifiutò di consegnare alla giustizia cinese i<br />

responsabili. Allo scoppio delle ostilità, il piccolo contin- gente inglese vinse senza<br />

difficoltà le forze cinesi e con il trattato di Nanchino del 29 agosto 1842 la <strong>Cina</strong><br />

accetto di pagare un’indennità e di cedere cinque porti (tra cui Hong Kong) agli<br />

inglesi. Anche le altre nazioni occidentali chie- sero concessioni analoghe, e nel<br />

1856, per estendere ulteriormente i loro diritti commerciali, gli inglesi dichiararono<br />

nuovamente guerra alla <strong>Cina</strong> perchè alcu- ni funzionari cinesi avevano fatto ammainare<br />

la bandiera alla nave inglese Ar- row. Agli inglesi si unirono i francesi, prendendo<br />

come pretesto l’uccisione di un missionario francese. Gli alleati iniziarono<br />

le operazioni nel 1857 e presto costrinsero i cinesi a firmare il trattato di Tientsin<br />

del 1858, che tra le altre misure prevedeva che da allora in poi le delegazioni occidentali<br />

risedessero a Pechino e che agli occidentali venissero aperti nuovi porti<br />

commerciali. Inol- tre, in successivi negoziati, tenutisi a Shanghai lo stesso anno,<br />

l’importazione di oppio venne legalizzata. I cinesi, però, si rifiutarono di ratificare<br />

i trattati; gli alleati ripresero le ostilità e, penetrati a Pechino, bruciarono il palazzo<br />

d’e­ state dell’imperatore. Nel 1860 la <strong>Cina</strong> firmò il trattato di Pechino in cui si<br />

impegnava a rispettare quello di Tientsin del 1858.<br />

Hsi-Hsia: si veda Tangut.<br />

Imperatrice Wu: Unica donna che, in tutta la storia cinese, assunse diretta- mente<br />

il controllo del trono (r. 684­705). Wu Chou era una concubina dell’im­ peratore<br />

T’ai­tsung (r. 626­649), che però, temendo il suo forte carattere, non le aveva mai<br />

dato poteri. Di conseguenza, Wu Chou aveva stretto amicizia con l’erede Kaotsung,<br />

e questi, alla morte di T’ai-tsung, l’aveva voluta riportare a corte, anziché lasciarla<br />

nel convento buddhista dove si era ritirata con le al- tre donne dell’harem. In<br />

breve tempo, Wu Chou riuscì a far uccidere, con fal- se accuse, la moglie e la prima<br />

concubina di Kao­tsung e alla morte di questi prese la reggenza in nome del figlio<br />

e successivamente si fece nominare impera­ trice. Venne infine deposta da una congiura<br />

di magistrati fedeli alla vecchia famiglia T’ang. Durante il regno dell’Imperatrice<br />

Wu, migliaia di esponenti <strong>della</strong> famiglia regnante T’ang (famiglia Li) e di quelle<br />

imparentate con essa ven­ nero esiliati o uccisi (con il veleno quando non si riusciva<br />

a estorcere loro false confessioni) perché non costituissero un pericolo per l’usurpatrice;<br />

la popola- zione venne controllata severamente, mediante un astuto sistema<br />

di delazioni (chi denunciava un altro cittadino, infilando una lettera in un’apposita<br />

«cas­ setta delle delazioni», riceveva poi una parte dei beni a lui confiscati). Nono­

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