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L'eredità della Cina - Fondazione Giovanni Agnelli

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La tradizione confuciana nella storia cinese 139<br />

o, per dirla con la psicologia moderna, trasformare in una personalità aperta l’Io<br />

privato chiuso. Infatti la principale virtù confuciana, il jen (umanità), è il risultato<br />

dell’educazione <strong>della</strong> propria personalità. La prima verifica dell’educazione di sé è<br />

la capacità di instaurare rapporti signifi cativi con i membri <strong>della</strong> famiglia. La pietà<br />

filiale non richiede una sot tomissione incondizionata all’autorità dei genitori; piut-<br />

tosto, ci chiede di riconoscere e di riverire la fonte <strong>della</strong> nostra vita. Lo scopo <strong>della</strong><br />

pietà filiale, come per i greci, è la «fioritura umana» sia dei genitori sia dei figli. I<br />

confuciani la vedono come un modo essen ziale per imparare a essere umani. Essi<br />

amano applicare la metafora del la famiglia alla comunità, alla nazione e all’universo.<br />

Preferiscono rife rirsi all’imperatore come al Figlio del Cielo, al re come al padre-<br />

gover nante, al magistrato come al «funzionario padre­madre», perché danno per<br />

assunto che in siffatte denominazioni incentrate sulla famiglia sia implicita una vi-<br />

sione politica. Quando Confucio rispondeva che curare i rapporti all’interno <strong>della</strong><br />

famiglia è già un partecipare attivamente alla politica, intendeva chiarire che l’etica<br />

familiare non è solo una preoccu pazione privata, personale. Anzi, è l’etica familiare<br />

a permettere la rea lizzazione del bene pubblico. In risposta alla domanda del suo<br />

discepolo favorito, Yen Hui, Con fucio definisce l’umanità come «la vittoria su se<br />

stessi e il ritorno al ri to » 16 . Questa interazione reciproca di autotrasformazione<br />

spirituale in teriore (del maestro si diceva che si fosse liberato di quattro cose: «pre­<br />

venzioni, dogmatismo, ostinazione ed egoismo») 17 e di partecipazione sociale per-<br />

metteva a Confucio di essere «veritiero» («fedele», chung) con se stesso e «comprensi-<br />

vo» (chu) con gli altri 18 . Niente di strano, perciò, che la regola aurea dei confuciani sia<br />

«non fare agli altri quel che non vuoi sia fatto a te» 19 . L’eredità di Confucio, carica<br />

di profon di corollari etici, è riassunta nella sua affermazione (anch’essa «brutta e<br />

vera» come la vita di Confucio) che imparare l’umanità (a essere uma ni) è un’im-<br />

presa da svolgere in comune: «Un uomo dotato di umanità, nel cercare di rendere<br />

stabile se stesso, rende anche stabili gli altri, e nel cercare di migliorare se stesso,<br />

migliora anche gli altri. La capacità di vedere analogie in quel che abbiamo accanto<br />

si può chiamare il meto do dell’umanità» 20 .<br />

16 Ibid., 12.1.<br />

17 Ibid., 9.4.<br />

18 Ibid., 4.15.<br />

19 Ibid., 15.23.<br />

20 Ibid., 6.28.

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