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L'eredità della Cina - Fondazione Giovanni Agnelli

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326 Stephen Owen<br />

(365­427). All’epoca di T’ao Ch’ien, come in gran parte <strong>della</strong> civiltà ci nese, un<br />

uomo istruito trovava la sua piena giustificazione solo nel ser vire lo stato e la società.<br />

Tuttavia c’erano molti intellettuali che cerca vano la realizzazione in altri obiettivi,<br />

più privati, e la poesia e la prosa<br />

di questi individui sono maggiormente lette, oggi, degli scritti di uomi ni che scelsero<br />

il corso regolare del servizio statale. Il fatto che questi individui scrivessero<br />

con maggiore abbondanza e in modo più convin cente non può essere preso come<br />

un’indicazione che quell’epoca fosse dominata dall’individualismo; piuttosto, la decisione<br />

di rifiutare la carriera burocratica faceva sorgere nel poeta un maggiore<br />

bisogno di spie garsi e di giustificarsi.<br />

T’ao Ch’ien fu per qualche tempo un funzionario, poi prese la deci sione radicale di<br />

lasciare la carica e ritornò nella sua fattoria, dove trascorse il resto <strong>della</strong> vita facendo<br />

l’agricoltore. Considerata la pericolosa situazione politica <strong>della</strong> sua epoca, può essere<br />

stata una saggia decisio ne, ma non fu certo facile. Egli si servì <strong>della</strong> poesia per<br />

giustificare la propria scelta, sia a se stesso sia agli altri. La poesia di T’ao divenne<br />

una sorta di autobiografia poetica e, in quanto tale, costituisce un’importante tappa<br />

nello sviluppo del concetto di poesia come mezzo per far conoscere la personalità<br />

individuale. Nella seguente poesia, la prima di una serie di cinque intitolata Ritorno<br />

ai miei orti e ai miei campi, T’ao ci dà la storia essenziale di un senso di alienazione<br />

seguito da un ritorno alla sua vera natura.<br />

Fin da giovane non provai alcuna simpatia per le cose comuni,<br />

Per mia natura amavo i monti e le colline.<br />

Ma feci un errore, caddi nella rete del mondo,<br />

E, una volta partito, vi rimasi per trent’anni.<br />

L’uccello in gabbia anela alla foresta dove è stato preso,<br />

Il pesce in vasca ha la nostalgia delle profondità dov’è nato.<br />

Mi tenni lontano dalle regioni disabitate al confine con le selve del Sud,<br />

E per mantenere la mia semplicità tornai ai miei orti e ai miei campi.<br />

Un campo quadrato, dieci acri o poco più,<br />

Una casa dal tetto di paglia, di otto o nove stanze.<br />

L’olmo e il salice danno ombra alle camere sul retro,<br />

Peschi e susini si schierano in file ben ordinate davanti alla mia sala.<br />

A malapena visibili in lontananza sorgono alcuni villaggi<br />

Da cui s’innalzano volute di fumo.<br />

Dalle strade si leva il profondo latrato dei cani, Il gallo canta dalla cima del gelso.<br />

Polvere e terra non si mescolano nel mio cortile,<br />

Le mie camere vuote mi danno tutta la pace che desidero.<br />

Per troppo tempo sono rimasto prigioniero in una gabbia,<br />

E adesso ritorno di nuovo alla natura delle cose.

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