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L'eredità della Cina - Fondazione Giovanni Agnelli

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188 T.H. Barret<br />

Questa riluttanza a conferire stato canonico a nuove opere buddhi ste può<br />

essere seguita fino alle prime edizioni a stampa, la prima delle quali venne preparata<br />

sotto auspici imperiali nel 971-83. Le principali vittime di questa politica<br />

sembrano essere state le scuole Ch’an e la loro letteratura di «detti memorabili»<br />

(yii-lu) dei maestri (anche se l’inven zione <strong>della</strong> stampa facilitò la conservazione di<br />

molte di queste opere estra nee al canone). Alla fine del periodo Ming, l’istituzione<br />

<strong>della</strong> Continua zione del Canone, un complemento alle ristampe del canone per<br />

sotto scrizione pubblica, lasciò spazio a molta di questa letteratura Ch’an e ad altre<br />

opere, commenti ed esposizioni, di autori successivi. Questa po litica maggiormente<br />

liberale è stata continuata dai curatori giapponesi responsabili delle versioni del<br />

canone apparse nel secolo XX. Natural mente, lo stato cinese non fu mai — e<br />

non è — contento dell’ampliamen to del canone. Ad esempio, il Tripitaka Ch’ing<br />

non comprendeva la Con tinuazione del Canone e l’attuale edizione del canone<br />

buddhista, anche se si prefigge di comprendere tutti i testi che facevano parte<br />

delle pre cedenti edizioni del canone, non prevede ampliamenti. Ma la quantità di<br />

volumi che l’edizione intende rendere disponibile — più di quattro mila — non si<br />

può che considerare generosa; certo nessun altro stato mar xista (e forse nessuno<br />

stato laico di nessun genere) si è mai impegnato in una pubblicazione religiosa su<br />

così vasta scala.<br />

Quanto al canone taoista, anche se esso è stato pubblicato, non si è trattato di<br />

un’impresa su scala così vasta perché la trasmissione del canone taoista ha seguito<br />

una rotta assai più incerta. Per prima cosa, le comunità taoiste dove tenere una<br />

simile raccolta erano in minor nu mero; inoltre, gli imperatori cinesi (e mongoli)<br />

erano contrari a lasciare a disposizione di tutti un così vasto repertorio di conoscenze<br />

arcane. La seconda parte del secolo XIII fu contrassegnata da una feroce<br />

com petizione tra buddhisti e taoisti per assicurarsi il patrocinio degli impe ratori<br />

mongoli. Questa competizione indusse Khubilai Khan a mandare al rogo nel 1281<br />

tutti i testi taoisti e le loro matrici da stampa, eccetto il Tao-te ching.<br />

L’editto venne poi abrogato nel secolo seguente e perciò la distru zione non<br />

fu totale, ma a non molta distanza dall’editto iniziarono le sommosse del Loto<br />

Bianco contro i mongoli, che causarono la perdita di altre opere. A parte l’assenza<br />

di forti istituzioni taoiste, la facilità con cui il taoismo trovava una nuova verità<br />

nel presente (all’occorrenza mediante nuove rivelazioni) può avere contribuito a<br />

far trascurare le scrit ture che non erano più considerate d’immediato valore pratico.<br />

In con seguenza di tutti questi fattori, il canone taoista sopravvissuto fino a

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