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L'eredità della Cina - Fondazione Giovanni Agnelli

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314 Michael Sullivan<br />

fondamente emozionante sotto l’aspetto psicologico, perché la figura (lo stesso pittore?)<br />

pare avvolta dalla montagna, come un ragno in mezzo alla sua rete, mentre<br />

nello stesso tempo la rete di linee tremolanti che la circonda sembra in uno strano<br />

modo un’emanazione <strong>della</strong> sua stessa coscienza.<br />

Il mondo che la fisica moderna descrive come «reale» non è compo sto solamente<br />

di ciò che è tangibile e visibile. È composto di unità infi nitamente piccole e<br />

ha un’estensione infinita. La materia, ora sappia mo, è in un costante stato di flusso,<br />

e quel che sembra reale — l’evidenza del sensi — è solo transitorio, o, come dicono<br />

i buddhisti, è solo māād, illusione. Adesso finalmente anche per noi è possibile<br />

capire quel che dice l’artista cinese; si veda la risposta alle grandi mostre di arte cinese<br />

e alle recenti pubblicazioni sulla pittura cinese, soprattutto in America, che ha<br />

raggiunto un livello di apprezzamento e di comprensione che tren t’anni fa sarebbe<br />

stato impensabile.<br />

Questa nuova comprensione sta a significare un’influenza <strong>della</strong> Ci na sulla moderna<br />

arte occidentale paragonabile alla grande influenza del l’Occidente sull’arte<br />

cinese contemporanea? Non credo. Anche se molti intellettuali occidentali si interessano<br />

alla cultura cinese, e alcuni l’am mirano, essi non vedono buoni motivi per<br />

emularla. Possiamo sentire il soffio <strong>della</strong> pressione economica asiatica e vendere<br />

un’automobile di fabbricazione nazionale per acquistarne una di produzione giapponese,<br />

ma ci sentiamo ancora liberi di accettare o di rifiutare a volontà i valori e le<br />

forme artistiche e culturali dell’Estremo Oriente. Invece, è proprio in questo senso<br />

che l’Estremo Oriente non è mai stato libero.<br />

Un piccolo numero di moderni artisti occidentali, come Mark Tobey,<br />

Henri Michaux e Morris Graves, ha riconosciuto il debito nei riguardi<br />

dell’arte cinese, soprattutto la calligrafia. Ma ascoltiamo Mark Tobey:<br />

Artisticamente parlando, ho avuto varie vite. Alcuni critici mi hanno accu sato di<br />

essere un orientalista e di usare modelli orientali, ma non è così. Infatti sapevo, quando<br />

ero in Giappone e in <strong>Cina</strong>, e lottavo con il pennello e il loro inchiostro sumi, nel<br />

tentativo di capire la loro calligrafia, che non sarei mai sta to altro che l’occidentale che<br />

sono. Ma laggiù ebbi quello che chiamo l’impulso calligrafico a portare il mio lavoro<br />

in qualche nuova dimensione. Con questo metodo, ho capito di poter dipingere i ritmi<br />

frenetici <strong>della</strong> città moderna, l’in treccio di luci e le fiumane di gente prese tra le maglie<br />

di questa rete 5 .<br />

Fu perché desiderava dipingere le luci al neon di Shanghai che Tobey<br />

sviluppò la sua «scrittura bianca». Altri artisti occidentali hanno<br />

5 Citato in Wieland Schmied, Mark Tobey, London, Thames & Hudson, 1966, p. 11.

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