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L'eredità della Cina - Fondazione Giovanni Agnelli

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18 Jonathan Spence<br />

nevolmente un paese pacifico, erano descritti con accenti lirici; ma era no descritte<br />

anche le esagerazioni del buddhismo e dei suoi digiuni ri tuali, le stramberie<br />

magiche del taoismo, l’onnipresente infanticidio, la vendita dei figli e la diffusione<br />

<strong>della</strong> prostituzione e dell’omosessualità maschile. Si notava la raffinatezza raggiunta<br />

dai cinesi nella discussione teologica, ma si notava anche la sua controparte, ossia<br />

l’intransigenza verso il messaggio cristiano. Alle lodi per l’arte <strong>della</strong> stampa e<br />

per la cultura dei letterati cinesi, che parevano offrire una grande occasione per<br />

la diffusione del messaggio cristiano, doveva però aggiungersi la ma linconica<br />

constatazione che i libelli contro il cristianesimo si erano dif fusi rapidamente nelle<br />

città e nelle campagne 1 .<br />

La caduta <strong>della</strong> dinastia Ming nel 1644 e la conquista Manchu non portarono<br />

a grandi cambiamenti. Divenne più facile immedesimarsi con un uomo come<br />

l’imperatore K’ang-hsi, che regnò dal 1661 al 1722, che non con l’imperatore<br />

recluso Ming, Wan-li, che non parlò con nessun missionario o mercante, né ebbe<br />

occasione di vederne, nell’intero corso del suo regno, durato dal 1572 al 1620.<br />

K’ang-hsi mostrò sempre inte resse per l’Occidente e giunse persino ad affezionarsi<br />

ad alcuni missio nari, finché non cominciò a sospettarli di complicità nelle congiure<br />

del figlio e non venne a conoscenza <strong>della</strong> proclamata infallibilità papale in questioni<br />

di fede e di interpretazione spirituale. Negli scritti <strong>della</strong> fine del secolo XVII,<br />

gesuiti come Bouvet descrissero K’ang­hsi come un ti po benevolo di «Re Sole»,<br />

sul modello di Luigi XIV: non senza secondi fini, perché il finanziamento <strong>della</strong><br />

Francia era essenziale per la missione cinese. Come scrisse Bouvet in una lettera a<br />

Luigi XIV, messa a prefa zione dell’Histoire de l’empereur de la Chine:<br />

I gesuiti che vostra Maestà inviò [in <strong>Cina</strong>] qualche anno fa ebbero la sorpresa<br />

di trovare ai confini <strong>della</strong> terra quel che fino ad allora avevano visto solamente<br />

ín Francia: un principe che, come voi, sire, unisce a un genio a un tempo<br />

sublime e pratico un cuore pari al suo impero, padrone di se stesso e dei suoi<br />

sudditi e altrettanto adorato da loro quanto è rispettato dai vicini... Un principe,<br />

ín breve, che unisce nella sua persona molte delle grandi qualità che carat-<br />

1 Per questi antichi lavori sulla <strong>Cina</strong> si veda Donald Lach, Asia in the Making of Euro pe, Chicago,<br />

University of Chicago Press, 1965­, 5 voll. pubblicati alla presente data (1990); Pasquale d’Elia (a cura<br />

di), Fonti ricciane, Roma, Libreria dello Stato, 1942-49, 3 voli.; Jonathan D. Spence, The Memory Palace<br />

of Matteo Ricci, New York, Viking, 1984 [trad. ital., Il palazzo <strong>della</strong> memoria di Matteo Ricci, Milano, Il<br />

Saggiatore, 1987]. Per le cri tiche cinesi riguardanti gli occidentali, si veda John D. Young, Confucianisnz<br />

and Christiani ty: The First Encounter, Hong Kong, Hong Kong University Press, 1983, e Jacques Genet,<br />

China and the Christian Impact: A Conflict of Cultures, Cambridge, Cambridge University Press, 1985.<br />

pag 18

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