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L'eredità della Cina - Fondazione Giovanni Agnelli

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286 William T.Rowe<br />

rali e, cosa più importante, coscrizione in organizzazioni militari di tut ti i tipi. La<br />

grande maggioranza delle persone che si erano allontanate dalla campagna in quegli<br />

anni non rientrò nei villaggi d’origine dopo il ristabilimento <strong>della</strong> pace. Osservando<br />

solo la situazione delle armate Hsiang e Huai (non le armate ribelli o la grande proliferazione<br />

di forze locali), Saeki Torni nota come l’ambizioso piano di congedare i<br />

soldati smobilitati falli negli anni 1860, liberando nella società centinaia di mi gliaia<br />

di maschi adulti, altamente mobili e sistematicamente asociali 11 . A quanto si vede,<br />

in gran parte finirono nelle città grandi e medie, con tribuendo alla fenomenale crescita<br />

<strong>della</strong> popolazione urbana nella seconda metà del secolo XIX. Molti divennero<br />

banditi (intere unità di ex solda ti anti­Taiping rimasero insieme dopo la smobilitazione,<br />

per saccheggia re dove e quando potevano), altri entrarono in società segrete<br />

e in mo vimenti settari. Alla fine, tutti fornirono le basi per gli eserciti dei «si gnori<br />

<strong>della</strong> guerra» dell’inizio del secolo XX.<br />

Uno degli aspetti più notevoli <strong>della</strong> forza-lavoro sempre più proleta rizzata durante<br />

il periodo Ch’ing fu la sua mobilità geografica. Studiosi <strong>della</strong> Repubblica<br />

Popolare come Liu Yung­ch’eng hanno recentemente documentato l’esistenza, fin<br />

dal secolo XVIII, di mercati del lavoro di ampiezza regionale in cui gli aspiranti<br />

datori di lavoro potevano cercare salariati a breve termine per lavori agricoli e non<br />

12 . Un grande nume ro di lavoratori semispecializzati percorreva regolarmente grandi<br />

distanze, attirato da lavori nel settore edile o manifatturiero. Ad esempio, negli<br />

anni 1880, il distretto di Wu­ch’ang ( provincia di Hupeh ) inviava nor malmente<br />

parte dei suoi figli a lavorare come tagliapietre nell’adiacente distretto di Ta­yeh,<br />

come falegnami per la costruzione di casse per il tè nel più lontano P’u-ch’i, come<br />

conciapelli nel Chiang-hsia, come la voratori del bambù nel Ch’i-shui e come fabbri<br />

ferrai nello Hsing­kuo e nel T’ai­hu (provincia di An­hui) 13 .<br />

Ma la grande maggioranza di coloro che lasciavano in modo perma nente l’agricoltura<br />

trovava probabilmente lavoro nel settore in espan sione dei trasporti, in qualità di<br />

barcaiolo, carrettiere e conduttore di animali, e all’interno dell’abitato come facchino,<br />

scaricatore, portatore d’acqua e di letame, portatore di lettiga e, a iniziare dagli ultimi anni<br />

11 Saeld Torni, «Shindai Tōseichō ni okeru kyōyū no teppai mondai» [Il problema dei facinorosi<br />

smobilitati nel regno di T’ ung-chih dei Ch’ing] in Saeki Torni, Chūgokushi kenkyū, Kyoto, 1971, vol.<br />

2, pp. 392-405.<br />

12 Liu Yung­ch’eng, «Lun Ch’ing­tai ch’ien­ch’i nung­yeh ku­yung lao­tung te hsing chili» [Sul<br />

lavoro salariato in agricoltura nel primo Ch’ing] in Ch’ing-shih yen-chiu chi, I, 1980, pp. 91-112.<br />

13 Wu-ch’ang hsien-chih [Gazzetta del distretto di Wu-ch’ang], III, 1885, p. 14.

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