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L'eredità della Cina - Fondazione Giovanni Agnelli

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I re saggi e le leggi nella tradizione cinese e in quella greca 111<br />

di Shang Yang, è stato paragonato a Machiavelli per il suo spietato mo do di intendere<br />

la vita politica. La sua posizione di riformatore radicale e la fama di brillante<br />

stratega lo resero così potenzialmente pericoloso che il suo padrone lo costrinse al<br />

suicidio.<br />

Al confronto Platone (circa 428­348 a. C.) fu più idealista dei legi sti, ma altrettanto<br />

radicale nella sua tendenza a vedere lo stato come una costruzione dell’uomo<br />

e nel giudicare le tradizioni a seconda di co me contribuissero alla stabilità dello<br />

stato. Nell’ordine politico ideale di Platone, tutti i cittadini avevano ruoli ben definiti<br />

e permanenti; il compito del re filosofo era quello di essere saggio e moderato,<br />

e se aves se coltivato queste virtù sarebbe stato automaticamente anche giusto. Per<br />

Platone, la giustizia era assicurata quando ogni essere umano copri va il ruolo che<br />

gli era assegnato nello stato e l’ordine, anziché su leggi, era basato sull’accettazione<br />

collettiva <strong>della</strong> correttezza di tale ordine come principio per regolare tutti i rapporti<br />

sociali 15 .<br />

Un forte accento sull’importanza di mantenersi entro i giusti limiti, in modo<br />

che nessun individuo usurpasse i privilegi e i doveri degli altri, era posto anche in<br />

<strong>Cina</strong>, soprattutto dai legisti. Ma in contrasto con Pla tone i pensatori cinesi, più burocratici,<br />

sostenevano che i ruoli sociali dovevano essere determinati dalle capacità,<br />

anziché assegnati in base a conoscenze note solo a pochi individui. Sulla necessità di<br />

rigorose leggi scritte, Platone non si sarebbe trovato d’accordo con i legisti, perché<br />

vedeva le leggi come un impedimento all’operato di un buon governan te che invece,<br />

senza i vincoli di un modello prefissato, avrebbe potuto sfruttare meglio il proprio<br />

talento per adattare le leggi alle nuove circo stanze. «La legge — dice Platone —<br />

non comprende perfettamente quel che è più nobile e più giusto per tutti, e di<br />

conseguenza non può portare al meglio» 16 . Platone, comunque, non si nascondeva<br />

il pericolo <strong>della</strong> ti rannia, e nella sua opera successiva, le Leggi, ammise che la legge<br />

poteva essere utile per distinguere i governi buoni da quelli cattivi e per impe dire il<br />

dispotismo.<br />

Pur essendo allievo di Platone, Aristotele (384­322 a. C.) fu un prag matico che studiò<br />

le organizzazioni politiche e le classificò entro deter minate categorie. I suoi scritti<br />

formano un manuale pratico di arte del governo, un po’ nello stesso spirito dei testi delle<br />

«cento scuole» del l’antica <strong>Cina</strong>. Non diversamente da molti pensatori cinesi, Aristotele<br />

15 Si veda Ernest Barker, Greek Political Theory, London, University Paperbacks, 1960, p. 204.<br />

16 Il politico, paragrafo 254. Sí veda The Dialogues of Plato, trad. ingl. di Benjamin Jo wett; rist.<br />

nella serie The Great Books of the Western World, vol. 7.

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