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IL DIRITTO FALLIMENTARE - Cedam

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Parte I - Dottrina 245<br />

o quella delle amministrazioni straordinarie, foraggiate con sussidi pubblici,<br />

appare sempre meno percorribile, per i ben noti vincoli posti dal diritto comunitario<br />

in materia d’aiuti di Stato; che lo strumento principe per il superamento<br />

della crisi è l’accordo con i creditori (nelle varie forme conosciute<br />

dall’ordinamento, comprese quelle, più o meno intensamente coattive, dei<br />

concordati giudiziali) o, in subordine, la liquidazione dei beni per blocchi<br />

funzionali; che occorre, quindi, incoraggiare le soluzioni di tipo consensualistico,<br />

magari con strumenti un po’ meno rozzi di quelli offerti dai recenti<br />

interventi legislativi.<br />

Potrei sottoscrivere – parola per parola – le affermazioni dell’illustre<br />

Scrittore, con la sola riserva che la via delle soluzioni concordatarie non potrà<br />

essere percorsa con quell’agevolezza, che meriterebbe, fino a quando<br />

non si risolverà il problema dei crediti muniti di prelazione (soprattutto d’origine<br />

legale), che, a mio avviso, nel nostro ordinamento sono troppi e troppo<br />

intensamente tutelati, con la conseguenza di dare poco spazio di manovra<br />

al debitore, quando deve proporre una percentuale di realizzo, che invogli<br />

i creditori chirografari a prestare il loro consenso.<br />

1.3. Ai nostri fini, però, è più interessante ritornare sul primo degli accennati<br />

problemi, costituito dal ritardo, con cui di norma s’accede alle procedure<br />

concorsuali, e dalla conseguente sacca d’inefficienza, provocata dall’incertezza<br />

sul futuro dell’impresa.<br />

Al riguardo, si può affermare che v’è un’assoluta unanimità di consensi<br />

nella diagnosi, mentre si registra una perdurante disparità di giudizi in merito<br />

agli interventi terapeutici.<br />

Secondo una parte della dottrina, infatti, per anticipare la dichiarazione<br />

di fallimento sarebbe necessario predisporre un sistema di sanzioni (anche<br />

di carattere puramente risarcitorio: si pensi alla giurisprudenza francese in<br />

tema di responsabilità della banca per «abusiva» concessione di credito), a<br />

carico di chi dovrebbe attivarsi per portare alla luce del sole la situazione di<br />

crisi, mentre assume un atteggiamento omertoso, teso a dissimularla; alcuni<br />

autori, poi, propongono di collegare gli obblighi di denuncia (dell’insolvenza,<br />

o del semplice rischio d’insolvenza) ad una vera e propria procedura<br />

d’allerta (anch’essa d’ispirazione francese), volta a richiamare l’attenzione<br />

dell’autorità giudiziaria sui problemi dell’impresa; come si ricorderà, infine,<br />

un autorevolissimo indirizzo dottrinale ha per lungo tempo sostenuto che<br />

un regime revocatorio particolarmente rigoroso avrebbe avuto il pregio di<br />

creare un «cordone sanitario» attorno all’impresa in difficoltà, in modo da<br />

isolarla dal resto del mercato e costringerla ad assumere subito i provvedimenti<br />

più opportuni.<br />

1.4. Naturalmente, non è questa la sede per affrontare questioni così delicate,<br />

per le quali, per altro, mancano significativi riscontri empirici. Solo

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