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IL DIRITTO FALLIMENTARE - Cedam

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Il diritto fallimentare delle società commerciali<br />

tavia, che le immunità previste con riferimento alle rimesse in conto corrente<br />

fossero troppo elastiche, per escludere, in un futuro, un ritorno ai ben<br />

noti atteggiamenti rigoristici della giurisprudenza. Né, d’altro canto, era<br />

pensabile formulare un divieto assoluto di revoca: sia perché sarebbe stato<br />

inutile, dato che anche le disposizioni più recise nella formulazione letterale<br />

possono essere messe in non cale in sede applicativa (l’esperienza insegna,<br />

infatti, quanto sia erroneo il vecchio motto, secondo il quale in claris non fit<br />

interpretatio); sia, soprattutto, perché ci si rendeva conto dell’esigenza di<br />

porre un limite al privilegio, onde evitare che si trasformasse in un varco,<br />

attraverso il quale avrebbero potuto sfuggire all’impugnativa tutti i movimenti<br />

di denaro, anche quelli riferibili ad operazioni fraudolente.<br />

3.2. Proprio per questi motivi è stata reintrodotta nel testo definitivo<br />

della riforma la riduzione del periodo sospetto, con effetti tutto sommato<br />

poco dirompenti per quanto concerne il termine biennale (dato che gli atti<br />

anomali ricadono comunque nell’ambito d’applicazione della pauliana), ma<br />

con conseguenze assai più pericolose (almeno nelle previsioni di alcuni di<br />

noi) per quanto concerne la revoca dei pagamenti e delle garanzie (a ben<br />

guardare, infatti, anche le vendite al giusto prezzo possono essere impugnate<br />

con la revocatoria ordinaria, pur essendo sottoposte al termine annuale<br />

previsto dal comma 2 dell’art. 67, legge fallim.).<br />

Naturalmente, solo il tempo dirà se le mie preoccupazioni (condivise, a<br />

dire il vero, da illustri Studiosi) erano fondate. Per ora, mi limito ad osservare<br />

che un’altra soluzione, suggerita da una parte della dottrina – di ridurre<br />

il periodo sospetto, ma di farlo decorrere dall’istanza di fallimento, anziché<br />

dalla sentenza dichiarativa d’insolvenza – non è stata accolta per un triplice<br />

ordine di motivi: innanzi tutto, perché si temeva di legare il consolidamento<br />

dell’acquisto (provocato dal decorso del termine per l’impugnativa)<br />

ad un evento (la presentazione di un’istanza di fallimento) che non viene<br />

pubblicizzato; in secondo luogo, perché si sarebbe consentito ai creditori,<br />

al debitore e, forse, persino ai terzi, d’influire sulla data d’inizio del periodo<br />

sospetto, tramite una rinuncia alla predetta istanza, o tramite la tacitazione<br />

della pretesa, che l’aveva supportata; infine, perché, per evitare i predetti<br />

inconvenienti, si sarebbe dovuto attribuire al Tribunale il potere di precisare<br />

a quale istanza di fallimento (anche se ritirata) si riferisce l’accertamento<br />

dello stato d’insolvenza, con un sostanziale ritorno al vecchio sistema della<br />

sentenza di retrodatazione.<br />

3.3. Qualunque cosa si pensi in merito alla riduzione del periodo sospetto,<br />

una cosa tuttavia è certa: che la riforma del nostro ordinamento<br />

sul punto avrà notevoli ripercussioni, di cui è difficile prevedere la portata:<br />

a) innanzi tutto, è chiaro che il pericolo di «far perdere» le revocatorie<br />

eserciterà una forte pressione sui Tribunali, affinché si pronuncino rapida-

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