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IL DIRITTO FALLIMENTARE - Cedam

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Parte I - Dottrina 331<br />

Insomma, il principio della par condicio, già ampiamente in crisi (pletora<br />

di privilegi, possibilità di suddivisione dei creditori in classi introdotta con<br />

le più recenti procedure ed inserita anche nel concordato preventivo) appare<br />

definitivamente subordinato all’interesse delle imprese.<br />

Questa prospettiva normativa, integrata con i ridotti termini di revocabilità,<br />

ricondotti, a seconda dei casi, ad un anno ed a sei mesi, potrebbe instaurare<br />

un nuovo metodo di regolamento dei rapporti tra imprese; invero, diversamente<br />

da quanto potrebbe apparire, si dovrebbe avere una forte accelerazione<br />

verso l’adozione della procedura concorsuale, sia per consentire l’esercizio<br />

della revocatoria fallimentare per le «operazioni» revocabili, sia per evitare<br />

il compimento di (ulteriori) atti o operazioni non suscettibili di revoca.<br />

Quindi, un accorto debitore in difficoltà sarà sollecitato, o su ricorso dei<br />

creditori, che sono consapevoli di non poter trovare tutela, o su propria iniziativa,<br />

a ricorrere alla procedura concorsuale. Insomma, la soluzione adottata<br />

mi pare potenzialmente funzionale ad un tempestivo intervento delle<br />

procedure concorsuali sia coatto che volontario.<br />

Senza entrare nel contenuto delle fattispecie, una qualche breve considerazione<br />

mi pare opportuna, con riferimento al diverso binario che dovranno<br />

seguire le azioni revocatorie, a seconda che siano state avviate in<br />

procedure aperte prima del 16 marzo 2005 o a partire da tale data: come<br />

è noto la «nuova» disciplina si applica solo a queste ultime.<br />

Invero, il comma 2 dell’art. 2 del d.l. n. 35 del 2005 prevede che «le<br />

disposizioni del comma 1 lettera a) eb) si applicano alle azioni revocatorie<br />

proposte nell’ambito delle procedure iniziate dopo l’entrata in vigore del<br />

presente decreto». Ciò suppone che il legislatore consideri la disciplina<br />

ivi dettata come una disciplina nuova. Ma che questo sia, o meglio che lo<br />

sia per tutte le fattispecie, sorgono fondati dubbi. Così, il nuovo testo dell’art.<br />

67, prevede al comma 1, n. 2 la revoca degli atti a titolo oneroso «compiuti<br />

nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni<br />

eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto<br />

ciò che è stato a lui dato o promesso»; ebbene, certamente il termine annuale<br />

costituisce una innovazione rispetto alla normazione precedente, ma la<br />

misura di «oltre un quarto» è una innovazione o precisazione della espressione<br />

«notevolmente» usata dalla legge fallimentare del 1942?<br />

Ed ancora, la introduzione, nel comma 2 dell’art. 67, con riferimento<br />

agli atti costitutivi di un diritto di prelazione per debiti contestualmente<br />

creati, della locuzione «anche per debiti altrui» non costituisce la soluzione<br />

di un profilo dubbio del testo anteriore, con riferimento al quale si ritrova<br />

una ondeggiante giurisprudenza anche della Suprema Corte?<br />

Alla stregua di questi esempi, tenendo conto dell’ampio dibattito dottrinale,<br />

nonché del non univoco indirizzo dello stesso giudice di legittimità,<br />

può dirsi con sicurezza che le nuove soluzioni normative siano escluse dal<br />

dato normativo anteriore?

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