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IL DIRITTO FALLIMENTARE - Cedam

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386<br />

Il diritto fallimentare delle società commerciali<br />

ge fallim., che contempla un previo accordo con i creditori che rappresentino<br />

almeno il 60% dei crediti, nonché da quello previsto nel concordato<br />

preventivo, di cui al nuovo articolo 160 legge fallim., che richiede<br />

l’assenso della maggioranza. Con tali disposizioni, la lettera d dell’art.<br />

67, condivide l’immunità dalla revocatoria, differenziandosene però per<br />

la inapplicabilità dell’art. 168 in tema d’inibizione di azioni esecutive<br />

sul patrimonio del debitore, presumibilmente, a motivo della sua natura<br />

strettamente privatistica.<br />

La finalità della norma ( 12 )èquella d’incentivare la formulazione di<br />

progetti di risanamento mediante esenzione da revocatoria dei suoi atti<br />

esecutivi ( 13 ). Lo strumento è utilizzabile per gestire operazioni di turnaround<br />

aziendale, e quindi di riequilibrio economico e finanziario, non connotate,<br />

a mio avviso, da situazioni d’insolvenza, in quanto, in tali casi, le<br />

soluzioni di cui agli art. 160 e 182 bis sono sicuramente più appropriate<br />

per il debitore, stante l’ombrello protettivo offerto dall’art. 168. L’azienda<br />

che ricorre ai piani di cui alla norma in commento, deve conseguentemente<br />

disporre di liquidità e/o di credito che le consentano di affrontare le<br />

tensioni e le urgenze che i piani comportano senza dovere correre il rischio<br />

che esse possano sfociare in istanze di fallimento. Dovrà, conseguentemente,<br />

trattarsi di un’azienda nella quale sia concretamente ravvisabile una seria<br />

prospettiva sul piano reddituale come documentata dalla validità dei<br />

prodotti, dalla situazione concorrenziale, dalle risorse immateriali di cui<br />

dispone e quindi della efficacia della sua formula imprenditoriale. Nell’ottica<br />

del debitore, l’esenzione dalla revocatoria dovrebbe tradursi in un rafforzamento<br />

della sua posizione negoziale per ottenere rinunce e/o riduzioni<br />

da parte dei creditori più importanti, specie chirografari, finalizzati al<br />

recupero dell’impresa. Si tratta, com’è stato efficacemente osservato, di<br />

uno strumento esoconconcorsale ( 14 ) che, a mio avviso, rispetto agli accordi<br />

di cui all’art. 182 bis legge fallim., ha portata più ampia in quanto non<br />

limitato alla ristrutturazione dei debiti la quale, di per se sola, ha significato<br />

in una prospettiva liquidatoria che scongiuri il fallimento. È, pertanto,<br />

da ritenere, nell’ottica operativa, che lo strumento dell’art. 182 bis legge<br />

fallim., almeno il più delle volte, sarà utilizzato da aziende giunte alla<br />

fase terminale del loro ciclo vitale, prive di sufficienti risorse per pagare<br />

i debiti e dunque irrecuperabili e insolventi.<br />

La disposizione in commento è molto concisa e richiede uno sforzo ricostruttivo<br />

con utilizzo di metodologie e concetti tratti dalla finanza azien-<br />

( 12 ) Ferro M., op. cit., pag. 598.<br />

( 13 ) Relazione del Consiglio dei Ministri all’art. 2 D.L. 35/2005.<br />

( 14 ) Fauceglia G., Prime osservazioni sugli accordi di ristrutturazione di debiti, in questa<br />

Rivista, pag. 843, 2005.

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