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IL DIRITTO FALLIMENTARE - Cedam

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Il diritto fallimentare delle società commerciali<br />

14.2. Non meno delicato è il problema d’individuare il trattamento re-<br />

Si deve riconoscere, tuttavia, che il legislatore non avrebbe potuto fare altrimenti, a meno<br />

di non modificare dalle fondamenta la disciplina del fallimento. Non si può trascurare, infatti,<br />

che nel nostro ordinamento questa procedura continua ad avere un rilevante aspetto sanzionatorio<br />

(basti pensare ai reati fallimentari, non modificati dalla riforma); e che, proprio per<br />

questo, nessuno fallisce (in Italia) a causa di un singolo affare andato a male (anche se si tratta<br />

di un’operazione complessa, con tutti i requisiti di una vera e propria attività d’impresa), se<br />

non è personalmente insolvente, e cioè se non vi è un insuccesso così clamoroso e totale della<br />

sua attività, da mettere in discussione la sua «persona».<br />

In altri termini, nel sistema disegnato dalla legge fallim. sarebbe stato assurdo esporre gli<br />

amministratori della società alle sanzioni previste per i reati di bancarotta (e simili), sol perché<br />

un affare ha prodotto delle perdite; e la soluzione non può mutare sol perché le pretese, sorte<br />

dal predetto affare, sono garantite da uno specifico compendio patrimoniale.<br />

Dire che il patrimonio destinato, in quanto tale, non fallisce, non significa tuttavia dire<br />

che i creditori debbano subire qualsivoglia atteggiamento discriminatorio nel soddisfacimento<br />

delle loro pretese. Mi pare evidente, infatti, che gli amministratori della società, qualora si<br />

trovino a liquidare un patrimonio incapiente, debbono rispettare la graduazione tra i vari crediti<br />

(in ragione degli eventuali diritti di prelazione) e debbono garantire il rispetto della par<br />

condicio tra creditori pariordinati: in caso contrario (e sempre che si possa addebitare loro<br />

una colpa) risponderanno, assieme alla società, per i danni cagionati ai creditori pretermessi<br />

o discriminati.<br />

Se quanto precede è vero, se ne deve dedurre che la par condicio, in questo caso, invece<br />

di avere rilievo reale, avrebbe una rilevanza solo sul piano obbligatorio (come criterio ispiratore<br />

della condotta degli amministratori).<br />

Naturalmente, tutto ciò implica un’attenuazione della tutela offerta ai creditori del patrimonio<br />

separato, soprattutto quando vi siano state delle irregolarità gestionali, o quando si sia<br />

registrata una sistematica spoliazione del patrimonio stesso a favore della società (ma potrebbe<br />

anche accadere l’inverso): la mancanza di una difesa collettiva (affidata ad un curatore speciale)<br />

e l’impossibilità di fare ricorso alle azioni revocatorie contro gli atti pregiudizievoli di<br />

rilevanza intra-soggettiva (tra la società ed il patrimonio) sembrano aprire, infatti, una pericolosa<br />

breccia nelle difese di quanti hanno avuto rapporti con il patrimonio separato.<br />

A mio sommesso avviso, però, questi pericoli non debbono essere enfatizzati: innanzi<br />

tutto perché le tutele individuali talvolta si rivelano più efficienti di quelle collettive; e poi<br />

perché il sistema revocatorio non sempre costituisce lo strumento migliore per reintegrare<br />

le sfere patrimoniali destinate a garantire le varie masse di creditori (per un’analitica dimostrazione<br />

di tale ultimo assunto, sia pure con riferimento alle revocatorie aggravate previste<br />

per i gruppi dalla legge Prodi, mi permetto di rinviare a Terranova, Commentario Scialoja<br />

e Branca, I, pag. 247 seg.).<br />

Detto questo, però, si deve riconoscere che il vero punctum dolens dell’attuale disciplina<br />

è un altro, ed è costituito dal fatto che i creditori del patrimonio separato non sono stati posti<br />

al riparo dalle iniziative di coloro che sono in grado di iscrivere un’ipoteca giudiziale sugli<br />

immobili inclusi nel compendio. Voglio dire, in altri termini, che i creditori particolari, mentre<br />

possono reagire con le azioni risarcitorie contro le eventuali discriminazioni poste in essere<br />

dagli amministratori della società; e mentre possono partecipare al concorso esecutivo, in caso<br />

di pignoramento di singoli beni da parte di altri creditori (ma anche qui la recente riforma<br />

delle procedure esecutive individuali ha inciso negativamente sulla posizione dei soggetti più<br />

deboli); gli stessi creditori particolari – dicevo – nulla possono, se un loro pari grado iscrive<br />

un’ipoteca giudiziale su un bene immobile incluso nel predetto compendio.<br />

Il problema era noto ai redattori del cod. civ. del 1942, giacché, ai sensi dell’art. 2830, se

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