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IL DIRITTO FALLIMENTARE - Cedam

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332<br />

Il diritto fallimentare delle società commerciali<br />

Mi sentirei di proporre che potrebbero essere ricomprese in questo ambito,<br />

tra le previsioni del comma 3, quelle di cui alla lettera a) riguardante «i<br />

pagamenti, di beni e servizi, effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei<br />

termini d’uso»; alla lettera b) riguardante «le rimesse effettuate su un conto<br />

corrente bancario purché non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole<br />

l’esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca»; alla lettera<br />

e) riguardante «gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione<br />

del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata ...»; alla<br />

lettera f) riguardante «i pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro<br />

effettuate da dipendenti ...».<br />

Così, con riferimento alla lettera b) del comma 1 del d.l. n. 35 del 2005,<br />

che detta il nuovo testo dell’art. 70 [rectius: 71] legge fallim., si ritrova il<br />

comma 3 di tale articolo, il quale afferma che «qualora la revoca abbia ad<br />

oggetto atti estintivi di rapporti continuativi o reiterati, il terzo deve restituire<br />

una somma pari alla differenza tra l’ammontare massimo raggiunto dalle sue<br />

pretese, nel periodo per il quale è provata la conoscenza dello stato di insolvenza,<br />

e l’ammontare residuo delle stesse, alla data in cui è aperto il concorso».<br />

Appare evidente in tutte queste fattispecie come il legislatore abbia preso<br />

partito su di una serie di fattispecie non testualmente disciplinate dalle<br />

norme previgenti, sulle quali erano date soluzioni giurisprudenziali e dottrinali<br />

contrastanti.<br />

La nuova norma, che traduce in legge una delle interpretazioni della<br />

precedente formula normativa ambigua, intende affermare che la soluzione<br />

adottata non sia compatibile con il testo normativo anteriore, o piuttosto<br />

intende risolvere, appunto in sede di normazione, il contrasto di interpretazioni<br />

preesistente?<br />

Pur escludendo, comunque, che alle nuove norme possa essere dato il<br />

valore di norme di interpretazione autentica, bisogna pur verificare se il<br />

nuovo dato normativo sia incompatibile o no con quello precedente.<br />

Nel momento in cui tale incompatibilità o inconciliabilità possa essere<br />

esclusa, si potrebbe ipotizzare che si apra lo spazio per utilizzare le nuove<br />

norme anche come criterio d’interpretazione delle precedenti.<br />

Mi pare di poter dire che in tal modo il legislatore, pur lasciando all’autonomia<br />

del giudice la libertà di interpretare le norme anteriori applicabili<br />

alle procedure fallimentari aperte prima dell’entrata in vigore del decreto,<br />

abbia dato un segnale della opzione operata tra gli interessi in gioco. Ebbene,<br />

se tale opzione non collide con i dati testuali e sistematici delle norme<br />

anteriori, non si vede perché il giudice non possa utilizzare i nuovi criteri<br />

normativi (conformi a scelte interpretative pur anteriormente proposte) anche<br />

per interpretare fattispecie regolate dalla legge anteriore.<br />

3. Brevemente, infine, un cenno alla nuova disciplina del concordato<br />

preventivo.

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