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IL DIRITTO FALLIMENTARE - Cedam

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Parte II - Giurisprudenza 381<br />

In altri termini, l’uso della serra e le tecniche di coltivazione poste in<br />

essere dalla Agricola Lamezia, come descritte dal legale rappresentante consente<br />

di cogliere la sussistenza di tutti gli elementi tipici dell’impresa agricola<br />

che giustificano la sua esenzione dal fallimento (stagionalità della produzione,<br />

deperibilità delle merci, ridotta elasticità dei meccanismi dell’offerta,<br />

particolari modalità di vendita, ecc.).<br />

L’ammodernamento delle tecniche di produzione non elimina, dunque,<br />

la caratteristica tradizionale della agrarietà dell’impresa, tanto più che, nel<br />

caso di specie, l’attività di coltivazione continua ad avere come oggetto<br />

«un’attività agricola (che) si svolge sul fondo» (v. relazione al cod. civ.) mediante<br />

un razionale sfruttamento produttivo del terreno.<br />

La natura della agrari età dell’impresa resistente si coglie ancor più a<br />

seguito della riforma dell’art. 2135 cod. civ. introdotta con la sopra citata<br />

novella del 2001, laddove viene grandemente sfumato lo stesso requisito<br />

dell’ ager, potendosi qualificare agricola perfino l’attività che anche soltanto<br />

in via potenziale possa sfruttare il fondo. Ma, per quanto sopra illustrato,<br />

tale (nuova ed interessante) problematica non viene qui in diretto rilievo<br />

posto che l’attività di coltivazione svolta dalla società Agricola Lamezia riproduce<br />

i caratteri tradizionali dell’attività agricola, svolgendosi interamente<br />

sul fondo e mediante lo sfruttamento del terreno (sia per la coltivazione<br />

delle piante madri, previo acquisto delle talee, sia per la produzione dei cri-<br />

Come accadeva in passato, è ancora oggi possibile sostenere che il privilegio dell’esonero<br />

dal fallimento, concesso dal legislatore del 1942, è giustificato dal doppio rischio ( 18 ) a cui soggiace<br />

l’imprenditore agricolo: il primo, quello di impresa, che caratterizza qualsiasi attività riconducibile<br />

all’interno del disposto di cui all’art. 2082 cod. civ., e il secondo, quello rappresentato<br />

dalle avversità atmosferiche, esclusivamente riconducibile alla categoria dell’imprenditore<br />

agricolo. È interessante notare che quest’ultimo elemento viene utilizzato dal Tribunale, ai<br />

fini della decisione, sebbene solamente in modo sussidiario. Il Collegio sottolinea, infatti, come<br />

non si sia potuto procedere all’ultimo raccolto a causa di una infestazione parassitaria.<br />

È da considerare tuttavia che oggi, in agricoltura, sono prevalenti modalità d’uso delle<br />

risorse e delle tecnologie produttive davvero lontane da ciò che un tempo segnava la loro distanza<br />

dalle imprese di genere industriale. In questa impostazione, la succitata teoria del<br />

«doppio rischio» risulta ormai inattuale, o comunque da adoperare caso per caso. In definitiva,<br />

il concetto di imprenditore agricolo è rimasto per lungo tempo limitato ad una elencazione<br />

dell’art. 2135 cod. civ. fortemente ancorata al concetto di fondo agricolo, e presumibilmente<br />

ad un tipo di agricoltura strettamente legata alla terra, ma nel tempo è andato estendendosi<br />

a fattispecie normative sempre più ampie, che privilegiavano in misura sempre mag-<br />

( 18 ) In proposito si veda, Ragusa Maggiore, L’impresa agricola e i suoi aspetti di diritto commerciale e<br />

fallimentare, 1964; Id., Il presupposto soggettivo, inIl Fallimento - Le procedure concorsuali, Trattato diretto da<br />

Ragusa Maggiore e Concetto Costa, 1997; Romagnoli, voceImpresa Agricola, inDigesto/Comm., VII, 1992.<br />

Contrariamente all’orientamento del «doppio rischio», Tribunale di Forlì, 15 febbraio 1997, in Fallimento,<br />

1997, I, 643, con nota di Ziniti.

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