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IL DIRITTO FALLIMENTARE - Cedam

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394<br />

Il diritto fallimentare delle società commerciali<br />

naturalmente, sia ammissibile il sindacato dei suoi atti esecutivi (infra). Applicando<br />

per analogia i consolidati principi della Cassazione circa la distribuzione<br />

dell’onere probatorio di cui all’art. 67, comma 2, legge fallim. spetterà<br />

al convenuto in revocatoria di provare l’esistenza del piano, l’attestazione<br />

di ragionevolezza dell’esperto e, forse anche, la dimostrazione che l’atto<br />

impugnato è posto in essere in esecuzione del piano. La prova storica del<br />

fatto andrà, invece, data dal Curatore. I primi due aspetti attengono all’imprescindibile<br />

esigenza che il piano sia incorporato in un documento, sicché<br />

sarà necessaria la forma scritta non potendo quella testimoniale essere configurabile<br />

data la complessità dei fatti da dimostrare. I problemi di data certa<br />

sono agevolmente risolvibili stante l’asseverazione del parere sulla ragionevolezza,<br />

cui il piano è ovviamente allegato. Difficoltosa si prospetta la<br />

prova circa l’inerenza dell’atto al piano. Naturalmente è palesemente irragionevole<br />

ritenere che il piano debba contenere la descrizione minuta delle<br />

singole operazioni che peraltro riguardano accadimenti futuri. Dovrebbe<br />

pertanto essere sufficiente, almeno di regola, una descrizione generale per<br />

gruppi di operazioni (es. acquisito di materie prime, prodotti, pagamenti<br />

bancari, di fornitura, ecc.) che sia tale da consentire, o comunque agevolare,<br />

la verifica dell’inerenza. Un’eccezione ricorre tuttavia per operazioni particolari,<br />

come quelle maggiormente lesive della par conditio creditorum, quelle<br />

di costituzione di garanzie non contestuali, quelle regolate con mezzi<br />

anormali di pagamento delle quali è noto il disvalore ed è quindi naturale<br />

aspettarsi una descrizione particolareggiata. Ho già evidenziato l’esigenza<br />

di trasparenza che il piano deve presentare; tuttavia non si può trascurare<br />

di considerare che esso è un documento previsionale e non consuntivo, talché<br />

l’operazione di identificazione non sarà sempre agevole.<br />

Rimane da affrontare la questione più intrigante: è possibile un sindacato<br />

giudiziario circa la ragionevolezza del piano al fine di travolgere con l’azione<br />

revocatoria o con altri rimedi gli atti esecutivi posti in essere? La questione<br />

è molto complessa ed i contributi dottrinari fino ad ora pubblicati<br />

affrontano, su tale specifico problema, tematiche sostanzialmente marginali.<br />

Il tema è tuttavia rilevante anche perché i rimedi risarcitori previsti a carico<br />

dell’esperto non saranno certo bastevoli. Al riguardo pare che, in linea generale,<br />

sia argomentabile l’invalidità degli atti posti in essere senza la cooperazione<br />

del debitore quali, ad esempio, l’iscrizione di ipoteche giudiziali<br />

o l’escussione di pegni. Tali fattispecie saranno revocabili ex art. 67, sussistendone<br />

le condizioni. Con riferimento alla possibilità di esperire il rimedio<br />

della revocatoria fallimentare, ci si limiterà ad una serie di enunciazioni a<br />

favore e contro l’ipotesi prospettata:<br />

a) Argomenti contrari alla revoca. La finalità della norma è quella di stabilizzare<br />

i rapporti giuridici con espressa esclusione della revocatoria. Il<br />

principio è anche contenuto nella relazione del consiglio dei ministri, al<br />

D.L., che sebbene molto succinta è, su tale punto, molto chiara e precisa.

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