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IL DIRITTO FALLIMENTARE - Cedam

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Parte I - Dottrina 347<br />

te nel rapporto fra la società ed il creditore particolare (art. 2447 quinquies,<br />

cod. civ.).<br />

I creditori sociali, in conseguenza, si possono soddisfare soltanto sul patrimonio<br />

generale della società e non su quelli specifici separati e destinati<br />

ad altri creditori.<br />

La disposizione dell’art. 2447 novies, cod. civ., prevede che, se le obbligazioni<br />

contratte per lo svolgimento dello specifico affare sono rimaste inadempiute,<br />

i relativi creditori, dopo la redazione del rendiconto finale ed il<br />

suo deposito presso l’ufficio del registro delle imprese, possono chiedere la<br />

liquidazione del patrimonio separato nel termine di tre mesi dal deposito.<br />

Da ciò il problema se, in caso rimangano creditori insoddisfatti dopo il<br />

compimento delle suddette operazioni, il patrimonio destinato possa essere<br />

dichiarato fallito o se possa esserlo la società che rimane pur sempre il suo<br />

titolare.<br />

Si deve evidenziare che il patrimonio destinato non è fornito di autonoma<br />

soggettività giuridica. La società, infatti, ne è comunque la titolare, deve<br />

gestire l’affare e riveste, rispetto a questo, la qualifica di imprenditore commerciale,<br />

assoggettabile in quanto tale alla disciplina per esso prevista dalla<br />

legge fallim..<br />

Ai sensi dell’art. 2447 quinquies, cod. civ., la società risponde dei debiti<br />

contratti nella realizzazione dello specifico affare soltanto nei limiti del patrimonio<br />

che ad esso è stato destinato . Non può, in conseguenza, essere<br />

ritenuta insolvente per debiti dei quali non è tenuta a rispondere in virtù<br />

del principio della separatezza e dell’autonomia conferita al patrimonio separato<br />

con conseguente limitazione della responsabilità.<br />

In definitiva, l’insolvenza di uno o più patrimoni destinati a singoli<br />

affari non determina automaticamente l’insolvenza ed il fallimento della<br />

società, ma legittima soltanto la procedura di liquidazione prevista dal diritto<br />

societario, che deve essere gestita dagli organi sociali oppure, se la<br />

società viene dichiarata fallita per l’insolvenza nella gestione del patrimonio<br />

generale, dal curatore fallimentare, con esclusione comunque della disciplina<br />

concorsuale.<br />

D’altra parte, l’insolvenza ed il fallimento della società non costituiscono<br />

causa di cessazione automatica del patrimonio separato, parificabile alla<br />

impossibilità di conseguirne l’oggetto, ed in conseguenza di liquidazione<br />

dello stesso, anche se non risulta l’esistenza di creditori particolari insoddisfatti<br />

in seguito al rendiconto.<br />

Se il patrimonio destinato non è insolvente, il curatore fallimentare non<br />

ha alcun interesse a procedere alla liquidazione automatica, dovendo al contrario<br />

adottare l’opposta soluzione della prosecuzione dell’affare, che può<br />

essere più vantaggiosa della liquidazione stessa. A meno che il fallimento<br />

della società èprevisto espressamente come fattispecie autonoma di impossibilità<br />

nel conseguire l’oggetto.

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