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IL DIRITTO FALLIMENTARE - Cedam

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Il diritto fallimentare delle società commerciali<br />

quello dei creditori ad avere la preminenza, fino al punto di determinare la<br />

cessazione dell’esercizio provvisorio.<br />

Non è senza rilievo, inoltre, il fatto che il legislatore non ha neppure<br />

previsto e disciplinato l’esercizio provvisorio delle imprese sociali, il che<br />

ha fatto addirittura dubitare dell’applicabilità di tale istituto alle società<br />

commerciali dichiarate fallite.<br />

Legittima appare, dunque, la conclusione che la nostra legge fallim. è<br />

inadeguata nel disciplinare le conseguenze dell’insolvenza del debitore sulla<br />

sorte dell’impresa e nel tutelare gli interessi a tale sorte collegati.<br />

Questa inadeguatezza è diventata sempre più evidente man mano che il<br />

legislatore, in altri campi, ha accentuato il suo intervento per la tutela dell’interesse<br />

pubblico nell’impresa. Era evidente che il superamento del mito<br />

della efficienza del sistema libero-concorrenziale e della neutralità del diritto<br />

e dello Stato rispetto alle vicende dello sviluppo dovesse esigere una revisione<br />

della natura sanzionatoria del fallimento e della sua pressocché<br />

esclusiva rilevanza quale fenomeno per regolare la crisi dell’impresa.<br />

Da un lato, infatti, eventi bellici e fenomeni recessivi di varia natura<br />

hanno dimostrato come spesso lo stato di insolvenza non sia addebitabile<br />

ad una cattiva conduzione aziendale da parte dell’imprenditore. Dall’altro,<br />

la moderna scienza economica ha negato l’esistenza di meccanici auto-regolamenti<br />

dell’economia di mercato su predeterminati livelli produttivi ed occupazionali<br />

socialmente auspicabili; ha dimostrato che lo sviluppo economico,<br />

se lasciato esclusivamente alla iniziativa privata, tende ad eliminare i<br />

controlli interni che si ritenevano capaci di assicurare il naturale equilibrio<br />

fra le diverse componenti del sistema; ha considerato i fenomeni della disoccupazione<br />

e del sottosviluppo, negando che essi costituiscano un naturale<br />

portato del processo economico e possano essere superati solo attraverso<br />

lo spontaneo funzionamento del sistema; ha riconosciuto la necessità dell’intervento<br />

dei pubblici poteri, dapprima per riequilibrare lo sviluppo economico<br />

ed eliminarne gli squilibri, in seguito per conseguire obiettivi socialmente<br />

rilevanti.<br />

La situazione di fatto, inoltre, quale era tenuta presente dal legislatore<br />

del 1942, il quale ha disciplinato il fallimento come un istituto che riguardava<br />

esclusivamente imprenditori persone fisiche o piccole società e comunque<br />

imprese di modeste dimensioni, è oggi notevolmente mutata.<br />

È agevole constatare l’avvenuto assorbimento di imprese minori in imprese<br />

di sempre più vaste dimensioni, la concentrazione aziendale, la partecipazione<br />

dello Stato in varie forme alla gestione commerciale, il protezionismo<br />

di nuovo tipo ad enti ed imprese in difficoltà, la formazione di società<br />

ed imprese multinazionali attraverso il complicato intrecciarsi di interessi<br />

pubblici e privati di vari paesi, che hanno mutato l’essenza stessa dell’impresa<br />

privata; la sempre più vasta utilizzazione degli istituti societari, in particolare<br />

delle società di capitali, unitamente alla riduzione della sfera di ope-

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