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IL DIRITTO FALLIMENTARE - Cedam

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Parte II - Giurisprudenza 397<br />

In giurisprudenza, in nome dell’interesse di gruppo, non sono state considerati<br />

atti di liberalità:<br />

— la remissione del debito da parte della holding in favore di una sua<br />

controllata, volta a ridurre il passivo di questa ed a salvarla dal rischio di<br />

fallimento (Cassazione, 20 marzo 1968, n. 2215, in Riv. legisl. fiscale<br />

1969, 263; 2 aprile 1969, n. 1693, id., 1969, 1948);<br />

— la cessione gratuita di crediti verso terzi da una società all’altra del<br />

medesimo gruppo (Cassazione, 11 marzo 1996, n. 2001, in Foro it. 2001,<br />

I, 1222).<br />

dalla pressoché totale identità dei titolari dei pacchetti azionari e dalla comunanza degli organi<br />

direttivi), ma non in senso giuridico (per l’inconfigurabilità dei presupposti richiesti dall’art.<br />

2359 cod. civ.), ha ritenuto che gli organi amministrativi di una società non possono<br />

compiere atti che, realizzando le direttive del gruppo, favoriscano altre società collegate,<br />

quando tali atti pregiudichino gli interessi della prima società ( 22 ). La pronunzia va ora coordinata<br />

con l’attuale art. 2497 sexies cod. civ., a mente del quale, ai fini di quanto previsto nel<br />

capo IX, si presume (con presunzione iuris tantum) che l’attività di direzione e coordinamento<br />

di società sia esercitata dalla società o ente tenuto al consolidamento dei loro bilanci o che<br />

comunque le controlla ai sensi dell’art. 2359 (la disposizione è stata in tal guisa modificata<br />

dall’art. 5, lett. a, del d.lgs. 6 febbraio 2004, n. 37). È evidente che la mera identità dei titolari<br />

dei pacchetti azionari e/o degli organi direttivi, se non sfocia in una influenza dominante derivante<br />

da vincoli contrattuali, in una influenza notevole determinata dal quorum dei voti vantato<br />

nell’assemblea ordinaria o nell’obbligo di redigere bilanci consolidati, non può di per sé<br />

autorizzare una valutazione dell’interesse complessivo di gruppo nell’ottica di qualificare un<br />

atto come gratuito o come oneroso.<br />

Viceversa, nei rapporti tra imprese appartenenti giuridicamente al medesimo gruppo,<br />

l’interesse della singola società controllata, ed eventualmente l’esistenza di un suo pregiudizio,<br />

deve essere valutato globalmente, considerando i vantaggi che alla controllata derivano dall’appartenenza<br />

al gruppo ( 23 ).<br />

Da questo punto di vista, non sono mancate statuizioni della giurisprudenza di merito<br />

secondo cui, ai fini dell’azione revocatoria fallimentare, la garanzia infragruppo può ritenersi<br />

atto a titolo gratuito solo nell’ipotesi in cui si accerti l’inesistenza, per il garante, di un vantaggio<br />

patrimoniale concreto, che nel caso di fideiussione prestata da società controllante in<br />

favore della controllata può rinvenirsi nel fatto che la garanzia tende a salvaguardare, unitamente<br />

al patrimonio della controllata, anche il valore della partecipazione detenuta dalla controllante<br />

( 24 ). Correttamente, peraltro, è stato evidenziato altresì che comunque non è sufficiente,<br />

per qualificare onerosa tale garanzia, l’esistenza di un «interesse economico» della fal-<br />

( 22 ) Nella specie, trattavasi di una fideiussione a favore di altra società del gruppo, senza vantaggi economici<br />

per la fideiubente, che veniva a partecipare solo al rischio delle perdite; Cassazione civ., sez. I, 13 febbraio<br />

1992, n. 1759, Mediocredito Ligure c. Fassio e altro, in Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 2.<br />

( 23 ) Vedasi, per una pronuncia anteriore alla riforma, Corte appello Milano, 11 luglio 1991, Soc. Tetrafin c.<br />

Soc. Icit, in Giur. comm. 1993, II, 257.<br />

( 24 ) Tribunale Bologna, 12 settembre 2001, Credito it. c. Soc. coop. operai mobilieri, in Giur. comm. 2003,<br />

II, 128.

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