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IL DIRITTO FALLIMENTARE - Cedam

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310<br />

Il diritto fallimentare delle società commerciali<br />

è il collegamento con la prestazione creditizia, e cioè il fatto che il rischio<br />

insito nell’operazione finanziaria viene valutato globalmente, tenendo conto<br />

anche dei cosiddetti «collaterali».<br />

15.2. Le considerazioni che precedono consentono di chiarire meglio<br />

quale fosse la situazione ante riforma, e quali siano, di conseguenza, il significato<br />

ed limiti dell’intervento legislativo.<br />

Incominciamo dal primo problema:<br />

a) innanzi tutto, mi sembra del tutto inappropriato chiedersi se il comma<br />

2 dell’articolo 2901, cod. civ., dianzi citato, ponga una presunzione assoluta<br />

o relativa. Quando questa norma afferma che le garanzie contestuali,<br />

anche per debiti altrui, si «considerano» onerose, non intende porre una<br />

presunzione, ma vuole solo chiarire che, ai fini della revocatoria, la natura<br />

(gratuita o onerosa) dell’atto deve essere valutata dal punto di vista di chi<br />

riceve l’attribuzione, e non dal punto di vista di chi concede la garanzia;<br />

non si tratta, pertanto, d’andare a vedere se il garante ha ricevuto una remunerazione<br />

(o un altro vantaggio indiretto); ma si tratta d’andare a vedere,<br />

semmai, se la prestazione, alla quale la garanzia accede, viene ricevuta dal<br />

creditore garantito senza alcuna contropartita (il pensiero corre, naturalmente,<br />

alle donazioni obbligatorie, anche se non si possono ignorare le incertezze<br />

che avvolgono tale istituto);<br />

b) in secondo luogo, mi pare evidente che la disposizione dettata dal codice<br />

civile doveva essere applicata – già prima dell’odierno intervento legislativo<br />

– anche in sede fallimentare: non in base ad un cieco automatismo,<br />

dovuto alla sostanziale identità di natura di tutte le azioni revocatorie (che<br />

pure va riaffermata); bensì perché anche in sede fallimentare le caratteristiche<br />

tipologiche dell’atto debbono essere valutate dal punto di vista del convenuto<br />

in revocatoria, e non dal punto di vista di chi ha compiuto l’attribuzione<br />

patrimoniale, come dimostra l’assoluta irrilevanza dello stato soggettivo<br />

del debitore e come comprova una serie d’altre norme, da me esaminate<br />

in alcuni scritti di qualche anno addietro, ai quali mi permetto di rinviare<br />

( 19 );<br />

c) infine, è opportuno segnalare che – proprio per l’esigenza d’attribuire<br />

ad ogni enunciato normativo un contenuto semantico in linea con le finalità<br />

concretamente perseguite – vi era una sostanziale differenza tra le fattispecie<br />

individuate, rispettivamente, nel primo e nel comma 2 dell’art. 67:<br />

— per un verso, infatti, «i pegni, le anticresi e le ipoteche» previsti dai<br />

numeri 3) e 4) del comma 1, dovevano essere stati prestati dal fallito «per<br />

debiti propri», giacché solo a questa condizione la distantia temporis, tra il<br />

( 19 ) Sempre nei luoghi citati, passim.

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