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IL DIRITTO FALLIMENTARE - Cedam

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Parte I - Dottrina 343<br />

ne. Il fallimento di una società in nome coll., di una accomandita semplice o<br />

per azioni si estende ai soci illimitatamente responsabili. Il fallimento della<br />

società di capitali non si estende ai soci limitatamente responsabili. In queste<br />

due categorie vi erano situazioni che ci hanno fatto discutere per decenni.<br />

Nelle società di capitali, i soci limitatamente responsabili assumono una<br />

responsabilità illimitata se e per il periodo in cui sono stati unici azionisti o<br />

unici quotisti, a norma degli artt. 2362 e 2247 cod. civ. Il socio accomandante<br />

che ha acconsentito che il suo nome sociale sia inserito nella ragione<br />

sociale risponde illimitatamente per tutte le obbligazioni sorte nel periodo<br />

di tempo in cui ciò èavvenuto.<br />

La recente riforma del diritto societario (la legge delega 3 agosto 2001,<br />

n. 366, ha enunciato i princìpi della riforma delle società di capitali e delle<br />

cooperative; con i successivi decreti legislativi n. 61/2002, 6/2003 si è data<br />

attuazione alla delega, riformando in aspetti rilevanti il sistema del diritto<br />

societario) ha, al riguardo, tenuto fermo il riferimento al concetto di appartenenza<br />

delle azioni o quote, senza peraltro specificare se deve essere intesa<br />

in senso formale (appartenenza del pacchetto azionario) o sostanziale ed<br />

economico (un unico centro di interessi, un unico centro di comando,<br />

nel qual caso si dovrebbe attribuire la qualifica di socio unico a colui il quale,<br />

pur non apparendo tale nel libro dei soci, è in effetti il vero e solo investitore<br />

del capitale con cui la società opera). Ha anche aggiunto l’ulteriore<br />

requisito secondo cui la responsabilità illimitata sussiste quando i conferimenti<br />

non siano stati effettuati secondo quanto previsto dagli artt. 1342 e<br />

2464 cod. civ. o non sia stata effettuata la pubblicità prescritta dagli artt.<br />

2362 e 2470 cod. civ. Oggi, quindi, occorre anche che l’unico socio abbia<br />

violato i suoi doveri di pubblicità o i suoi obblighi di effettuare i conferimenti.<br />

Falliscono, dunque, questi soci, oppure la loro responsabilità èlimitata<br />

al mero campo civile? Sono state sostenute tutte le tesi, con pari dignità<br />

scientifica, e dopo oltre trenta anni stiamo ancora a discuterne.<br />

Ma questa problematica ha anche perso di rilevanza nel momento in cui<br />

ci si è resi conto che era sufficiente intestare il due per cento delle azioni o<br />

quote alla propria moglie, ad un figlio, ad un parente, all’amante che, come<br />

per un colpo di bacchetta magica, non si era più unici azionisti o quotisti ed<br />

il problema era superato.<br />

Ed ecco che la giurisprudenza inventa la figura del socio sovrano o tiranno.<br />

Fallisce non solo l’unico azionista o quotista ma anche il socio tiranno,<br />

colui che utilizza la società di capitali per meri fini personali, come strumento<br />

per fare il bello e cattivo tempo, nel pieno dispregio delle regole societarie,<br />

mischiando il patrimonio proprio con quello sociale, pagando debiti<br />

propri con denaro della società, rendendo impossibile ogni distinzione<br />

fra la struttura societaria e le proprie aziende personali.

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