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IL DIRITTO FALLIMENTARE - Cedam

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324<br />

Il diritto fallimentare delle società commerciali<br />

soggetti ad una disciplina più rigorosa perché consentono d’ottenere più<br />

del dovuto, o perché sono sintomo di un disordine gestionale, che mette<br />

in pericolo l’organizzazione dell’azienda? E l’elenco dei dubbi e degli interrogativi<br />

potrebbe facilmente allungarsi.<br />

22.3. Nel tentativo di dipanare l’intricata matassa, mi è sembrato necessario<br />

– fin dai miei primi studi in materia, che risalgono alla seconda metà<br />

degli anni settanta ( 29 ) – tener fisse due cose: innanzi tutto, che, quando si<br />

parla di «danno» nelle revocatorie, in realtà s’allude ad un concetto o ad<br />

una famiglia di concetti molto diversi da quelli utilizzati nella teoria dell’illecito,<br />

per il semplicissimo motivo che siamo in presenza di un’impugnativa,<br />

e non di un’azione risarcitoria; in secondo luogo, che le varie accezioni del<br />

termine, con le quali il fallimentarista deve confrontarsi, presuppongono<br />

tutte un concetto di base, il quale si riferisce al «fondamento» dell’impugnativa<br />

e può essere riassunto nel rilievo che una certa fattispecie, sulla base di<br />

una prognosi postuma, viene reputata in grado di pregiudicare la massa dei<br />

creditori.<br />

Questa impostazione mi ha consentito di fare piazza pulita di una serie<br />

di suggestioni provenienti dai modelli civilistici dell’illecito contrattuale o<br />

aquiliano; ma mi ha anche permesso di tenere conto, entro certi limiti,<br />

del contesto nel quale l’operazione da revocare è stata compiuta, e cioè delle<br />

eventuali cautele assunte dai contraenti per impedire che l’atto potesse<br />

pregiudicare i creditori (per esempio: il deposito del prezzo della vendita<br />

presso un notaio, perché lo consegni al debitore alla scadenza del periodo<br />

sospetto, evitando così che vada disperso).<br />

Già allora mi era chiaro, tuttavia, che il presupposto oggettivo dell’impugnativa<br />

viene accertato sulla base di valutazioni tipiche, e cioè prefigurando<br />

le conseguenze che le varie categorie di operazioni impugnabili avrebbero<br />

normalmente prodotto sull’attività dell’impresa insolvente e sulle relazioni<br />

dalla stessa intrattenute con le varie categorie di terzi (creditori, lavoratori,<br />

fornitori, finanziatori e così via dicendo).<br />

Su queste basi, scorgevo un forte collegamento tra il giudizio relativo<br />

al carattere «pregiudizievole» dell’atto (ai fini della revocatoria) e le regole<br />

di «correttezza», che dovrebbero governare le condotte di chi ha rapporti<br />

con l’imprenditore in crisi. In tale prospettiva, la frode (ai creditori) diventava<br />

il vero fulcro dell’istituto, purché di questo concetto si riuscisse a coglier<br />

la valenza oggettiva (la scorrettezza della condotta), prima ancora di<br />

( 29 ) Contro le teorie antiindennitarie mi ero già espresso in L’assuntore del concordato<br />

fallimetare, Milano, 1976, e poi, in maniera più approfondita, in Conti correnti bancari e revocatorie<br />

fallimentari, cit. (ed. provvisoria, Palermo, 1979).

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