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IL DIRITTO FALLIMENTARE - Cedam

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Parte I - Dottrina 525<br />

cessione, cercando di superare le farraginose e poco efficienti norme sulle vendite, modellate<br />

sul sistema delle esecuzioni coattive individuali.<br />

Invero, il previgente sistema improntato ad un apparente garantismo, spesso rivelatosi<br />

più formale che reale, è stato in effetti concausa del sistematico ritardo della durata delle procedure<br />

fallimentari.<br />

Per questo, le nuove disposizioni sulla realizzazione e sulla ripartizione dell’attivo si<br />

ispirano a criteri di efficienza e di semplificazione operativa. Ciò ha anche reso necessaria,<br />

come sopra meglio illustrato, l’adozione di scelte nuove sul piano della ridefinizione dei ruoli<br />

del giudice delegato, del curatore e del comitato dei creditori e su quello dell’individuazione<br />

dei più opportuni adempimenti procedurali, improntati, essi pure, a semplicità eda<br />

rapidità. In questa prospettiva, si è ritenuto di dover privilegiare la scelta di una minore giurisdizionalizzazione,<br />

in coerenza con l’accentuato ruolo del curatore, divenuto il vero organo<br />

motore della procedura, dal quale parte ogni impulso per le scelte di liquidazione e di conservazione<br />

delle imprese assoggettate alla procedura concorsuale, nella consapevolezza che,<br />

invece, il ruolo del giudice deve essere esclusivamente indirizzato ad una funzione di controllo<br />

sulla regolarità della procedura e di organo preposto alla soluzione dei conflitti endoconcorsuali.<br />

Proprio in ragione di questa scelta, si giustifica l’aver conservato la disposizione<br />

secondo cui il giudice delegato ha il potere di sospendere la vendita quando il prezzo offerto<br />

sia notevolmente inferiore a quello giusto (art. 108 legge fallim.). In stretta correlazione a<br />

questa nuova impostazione delle attribuzioni degli organi fallimentari, è stato ridisegnato,<br />

anche nella fase liquidatoria, il ruolo del comitato dei creditori, espressione collettiva dell’interesse<br />

comune al ceto creditorio, cui è attribuito il compito precipuo di effettuare le valutazioni<br />

sulla convenienza economica delle operazioni liquidatorie, mediante pareri, anche<br />

vincolanti, per il curatore ed autorizzazioni per gli atti maggiormente significativi sul piano<br />

economico.<br />

L’ulteriore novità consiste nel fatto che, per quanto possibile, l’attività di liquidazione<br />

dovrà avvenire non più con operazioni diversificate, non coordinate, occasionali e non rientranti<br />

in una strategia unitaria, bensì nel quadro di un razionale programma di liquidazione,<br />

predisposto dal curatore ed approvato dal giudice delegato, previo parere vincolante del comitato<br />

dei creditori. Piano attuabile subito dopo che si siano resi disponibili i necessari elementi<br />

di valutazione sull’entità, sulla qualità e sul valore di mercato dei beni appresi all’attivo,<br />

né variabile. Solo in presenza di «sopravvenute esigenze», il curatore può presentare, con le<br />

stesse modalità, un supplemento del piano di liquidazione. Lo scopo del programma di liquidazione<br />

è, appunto, quello di evitare, per quanto possibile, i rischi di irrazionali disgregazioni<br />

liquidatorie. La possibilità di consentirne l’attuazione ancor prima dell’emanazione del decreto<br />

di esecutività dello stato passivo, si pone coerentemente in linea con l’esigenza di favorire la<br />

speditezza del procedimento.<br />

Inoltre, l’intervento riformatore, sempre in coerenza con la scelta generale di ridurre al<br />

minimo indispensabile la giurisdizionalizzazione del concorso, ha evitato, per quanto possibile,<br />

la tradizionale trasfusione, per relationem, nella riformata legge fallim. del sistema del cod.<br />

proc. civ. relativo alle esecuzioni individuali ed ha adottato nuove specifiche scelte operative,<br />

tratte anche da soluzioni pragmatiche positivamente sperimentate dalla giurisprudenza più<br />

attenta.<br />

Art. 104<br />

Legge fallim.<br />

In questo contesto, frutto di un rinnovato modo di interpretare la stessa funzione<br />

dell’esecuzione forzata collettiva, si pone anche la previsione dell’esercizio provvisorio<br />

dell’impresa, il quale può essere autorizzato o con la sentenza dichiarativa di fallimento,<br />

nel caso in cui l’improvvisa interruzione possa comportare «un danno grave», sempre che<br />

«non arrechi pregiudizio ai creditori», ovvero con successivo provvedimento del giudice<br />

delegato, su proposta del curatore, qualora il comitato dei creditori, con parere vincolan-

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