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IL DIRITTO FALLIMENTARE - Cedam

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348<br />

Il diritto fallimentare delle società commerciali<br />

del negozio, sulla scorta della identità tra norme penalmente sanzionate e<br />

norme imperative, la cui violazione determina nullità del negozio (Cassazione,<br />

14 maggio 1999, n. 4774; Cassazione, 4 febbraio 2000, n. 1228; Cassazione,<br />

2 aprile 1998, n. 2858).<br />

Non si vede come, seguendo le argomentazioni della banca, si possa differenziare<br />

il soggetto fisico Tessarin Savino dalla azienda agricola – impresa<br />

individuale – da lui posseduta; si tratta di impresa individuale che si identifica<br />

con il soggetto fisico che ne è il titolare e i cui rapporti debitori e creditori<br />

nessuna distinzione possono avere da quelli che il Tessarin avesse<br />

contratto per questioni personali e non imprenditoriali. I debiti della azienda<br />

agricola erano e sono debiti propri del titolare essendo unico il patrimonio<br />

su cui i creditori si possono rivalere: basti pensare alla ipotesi di fallimento<br />

dell’imprenditore individuale nella cui massa passiva confluiscono<br />

tutti, di qualsiasi natura, i debiti contratti dal soggetto fallito.<br />

Sul punto è già stato stabilito che la fideiussione rilasciata dall’amministratore<br />

di una soc. per az. in favore di una soc. nome coll. di cui l’amministratore<br />

sia socio è nulla per violazione dell’art. 2624 cod. civ. (Tribunale<br />

Padova, 25 febbraio 2002, in Giur. Merito, 2002, 986 ed in Società, 2002,<br />

1267).<br />

La realizzazione di un negozio in violazione di una norma imperativa,<br />

quale certamente è la norma penale che sanziona come reato la condotta<br />

stessa. È causa di nullità radicale del negozio stesso: la nullità colpisce l’atto<br />

al suo sorgere e non può essere sanata da una norma successiva che abroga<br />

o sostituisce la fattispecie criminale. Non si deve infatti confondere il piano<br />

civilistico, che è quello che a noi esclusivamente interessa, da quello penalistico:<br />

indubbiamente sotto il profilo penale la abrogazione del reato o la sua<br />

modifica in melius giova all’imputato che non sia ancora stato raggiunto dal<br />

giudicato, ma il principio del favor rei non va confuso o sovrapposto a quello<br />

della irretroattività della legge civile, per cui la nullità di un atto non può<br />

certamente essere sanata da una modifica legislativa successiva all’atto in<br />

forza del quale il negozio sarebbe valido (Cassazione, 21 febbraio 1995,<br />

n. 1877). Il ragionamento è ancora di più comprensibile se si pensi ad esempio<br />

ad una donazione di bene immobile conclusa in via orale, e pertanto<br />

radicalmente nulla per carenza di forma: certamente, se dopo il perfezionamento<br />

della donazione orale, intervenisse una legge che stabilisce che tali<br />

negozi possono essere conclusi anche oralmente, il nostro contratto rimarrebbe<br />

nullo, senza potersi giovare della nuova normativa.<br />

A completamento della motivazione si osserva poi che anche alla luce<br />

del nuovo articolo 2634 cod. civ. la condotta del Tessarin, che si fa prestare<br />

dalla società garanzia per debiti propri, non potendosene certamente escludere<br />

il dolo, presenta profili di dubbia liceità anche penalistica.<br />

Essendo l’avallo della fallita nullo ex art. 1418 cod. civ. nessuna pretesa<br />

sulla scorta di esso può essere avanzata avverso il fallimento.

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