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IL DIRITTO FALLIMENTARE - Cedam

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364<br />

Il diritto fallimentare delle società commerciali<br />

pregnante problematicità, tenuto conto, siccome si è evidenziato in dottrina,<br />

che sol la consapevolezza da parte del terzo della qualità di socio illimitatamente<br />

responsabile della sua controparte assurge ad elemento idoneo a<br />

raccordare l’estremo della scientia ovvero della inscientia decoctionis, da riferire,<br />

come anticipato, alla società, e l’atto compiuto da un soggetto diverso<br />

(il socio illimitatamente responsabile, appunto).<br />

Ebbene, in questi termini, in merito al primo thema, si osserva, ante omnia<br />

e sulla scorta di un autorevole insegnamento, ancorato alla lettera dell’art.<br />

1186 cod. civ., che l’insolvenza non è stato patologico da riferire in<br />

via esclusiva all’imprenditore, segnatamente all’imprenditore suscettibile<br />

di fallimento (identificantesi con l’imprenditore commerciale, medio-grande<br />

e privato, individuale o collettivo che sia). Del resto, pur a non travalicare<br />

l’ambito dell’impresa tout court, quale segnato dai caratteri fondanti la<br />

nozione di cui all’art. 2082 cod. civ., è difficile disconoscere che insolvente<br />

possa essere, oltre che il debitore civile, altresì il piccolo imprenditore, l’imprenditore<br />

agricolo ovvero, ancora, l’ente pubblico che jure privatorum<br />

esercita attività d’impresa e, quindi, l’imprenditore sottratto per espressa<br />

scelta legislativa alla declaratoria di fallimento.<br />

Del resto, la soluzione proposta – limitatamente al soggetto (futuro) socio illimitatamente<br />

responsabile – appare per il tribunale preferibile, anche tenuto conto che la ratio generale del<br />

sistema fallimentare sembra non giustificare, osserva la sentenza, un principio drasticamente<br />

«redistributivo» – per cui dovrebbero esser revocabili tutti gli atti compiuti nel periodo sospetto,<br />

sol che essi siano idonei ad arrecare pregiudizio ai creditori concorrenti ed al loro paritario<br />

trattamento –, mentre risulta decisamente preferibile seguire l’opposta tendenza «indennitaria»,<br />

per cui è revocabile solo l’atto che – oltre ad esser pregiudizievole – sia stato<br />

compiuto nel mentre il terzo era a conoscenza dello (o avrebbe dovuto conoscere lo) stato<br />

di insolvenza, e, quindi, il carattere pregiudizievole dell’atto stesso.<br />

2.3 Alla tutela del terzo non può, invero, rinunciarsi, e del resto la soluzione proposta<br />

appare rispettosa del dato testuale, che richiede la conoscenza, in capo al terzo, dello stato<br />

di insolvenza dell’autore dell’atto (futuro fallito): ora, nessuna difficoltà esegetica si incontra,<br />

qualora ci sia coincidenza tra autore dell’atto e soggetto della cui insolvenza si sia a conoscenza<br />

(irrilevante essendo la conoscenza della qualità di imprenditore commerciale, individuale o<br />

collettivo, potendo detta qualità, per la sentenza, pur mancare del tutto in capo al soggetto<br />

che compie l’atto).<br />

Qualche perplessità si riscontra, però, allorché ci si preoccupi della tutela del terzo,<br />

quando l’atto revocando è stato compiuto dal socio (attualmente) illimitatamente responsabile:<br />

a) siègia detto all’inizio che, condivisibilmente, la scientia decoctionis da provarsi in capo<br />

al terzo riguarda esclusivamente la società; b) sièpoi detto (inevitabilmente, data la prima<br />

affermazione, non potendosi immaginare una conoscenza dello stato di insolvenza della società,<br />

se non si è già costituito il vincolo giuridico tra l’ente collettivo ed il socio) che l’autore<br />

dell’atto deve essere già socio illimitatamente responsabile al momento della conclusione dell’atto;<br />

c) da tali premesse, ne consegue di necessità che il terzo doveva conoscere detto vincolo<br />

e, quindi, conoscere la qualità di socio illimitatamente responsabile dell’autore dell’atto.<br />

Il tribunale in proposito richiama il principio della pubblicità dichiarativa (art. 2193 cod.

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