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IL DIRITTO FALLIMENTARE - Cedam

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Parte II - Giurisprudenza 361<br />

l’ordinamento ricollega l’assoggettabilità alla procedura fallimentare»; inoltre,<br />

Cassazione, 27 novembre 1997, n. 11978, ove si puntualizza che «l’elemento<br />

soggettivo della scientia decoctionis non può non avere tra le sue<br />

componenti oggettive la qualità di socio illimitatamente responsabile della<br />

società (in stato d’insolvenza) rivestita dall’autore dell’atto revocando...»;<br />

Cassazione, 20 giugno 1994, n. 5921; Tribunale Torino, 8 settembre<br />

presupporre anche quello di imprenditore commerciale o di socio illimitatamente responsabile<br />

( 4 ).<br />

2.1 Il tribunale però, richiamato l’art. 1186 cod. civ., si affretta a rilevare che «l’insolvenza<br />

non è stato patologico da riferire in via esclusiva all’imprenditore, segnatamente all’imprenditore<br />

suscettibile di fallimento»: per cui, allorché le norme fallimentari richiedono la conoscenza<br />

dello stato di insolvenza, esse non pretenderebbero anche la prova della conoscenza<br />

della qualità di imprenditore commerciale, né quella di socio illimitatamente responsabile.<br />

Non solo: allorquando l’imprenditore – individuale o collettivo – si sia iscritto nel registro<br />

delle imprese, l’opponibilità ai terzi della qualità di imprenditore deriva direttamente dai<br />

principi della pubblicità dichiarativa (art. 2193 cod. civ.), e non necessita, in ogni caso, di<br />

specifici mezzi di prova.<br />

( 4 ) Sostiene tuttavia che la prova della mancata conoscenza della qualità di imprenditore commerciale possa<br />

però condizionare la stessa prova della inscientia decoctionis, Satta, Diritto fallimentare, cit. Decisamente a<br />

favore, invece, dell’insegnamento secondo cui uno degli elementi necessari del presupposto soggettivo della scientia<br />

decoctionis è la conoscenza della qualità di imprenditore commerciale del soggetto che ha compiuto l’atto revocando<br />

e quindi la conoscenza della sottoponibilità a fallimento del medesimo, Maffei Alberti, Il fallimento,<br />

in Giur. Sist. Bigiavi, cit., che pure sottolinea che il problema assume rilevanza solo qualora sia richiesta la revoca<br />

di atti non direttamente riconducibili ad un’attività d’impresa commerciale – come è nel caso in commento –,<br />

mentre nei cd. atti di impresa la prova del primo elemento è implicita nel secondo. Seguono l’opinione di tale<br />

A., Quatraro e Fumagalli, La revocatoria ordinaria e fallimentare, Milano, 2002, 322, che applicano tale principio<br />

pure alla revocatoria di atti compiuti dal socio illimitatamente responsabile, ritenendo che debba provarsi<br />

che il terzo conosceva tale qualità in capo al socio.<br />

Per altri, la prova della conoscenza della qualità di imprenditore commerciale del soggetto poi fallito è un<br />

autonomo presupposto della revocatoria: Sandulli, La rilevanza della qualità di imprenditore commerciale nella<br />

revocatoria fallimentare, inBanca, borsa, 1977, II, 228; Id., Gratuità dell’attribuzione e revocatoria fallimentare,<br />

Napoli, 1976, 158; Pajardi, Il sistema revocatorio, Milano, 1990, 105.<br />

In giurisprudenza, si sottolinea la necessità della conoscenza, in capo al terzo, della qualità di imprenditore<br />

commerciale per esigenze di tutela dell’affidamento e, allorché l’atto sia stato compiuto dal socio poi dichiarato<br />

fallito, la necessità della conoscenza in capo al terzo di tale qualità dell’autore dell’atto revocando, essendo essa<br />

indispensabile per accertare la scientia decoctionis della società: Cassazione, 7 marzo 1998 n. 2540, in Fallimento,<br />

1999, 61; Cassazione, 27 novembre 1997 n. 11978, in Fallimento 1998, 1155; in obiter dictum, Cassazione, 12<br />

novembre 1998 n. 11419, in Foro It. 1999, I, 1, 1513; Cassazione, 20 giugno 1994 n. 5921, in Fall. 1995, 152<br />

(«è necessaria la prova della conoscenza, o della inscientia, secondo le previsioni dell’art. 67 legge fallim., della<br />

qualifica di socio illimitatamente responsabile .... e dello stato di insolvenza della società con riferimento alla data<br />

dell’atto revocando; ma non della conoscenza che il socio illimitatamente responsabile receduto fosse al corrente<br />

della insolvenza della società»); Tribunale Torino, 8 settembre 1999, in Fallimento, 2000, 1167. Diversamente, si<br />

aggiunge, la conoscenza dello stato di insolvenza di un soggetto (la società) diverso dal soggetto col quale l’atto è<br />

stato compiuto (il socio) resterebbe effettivamente priva di alcun significato (in tal senso, Guglielmucci e Lo<br />

Cascio, Effetti sugli atti pregiudizievoli ai creditori, inDiritto fallimentare, coordinato da Lo Cascio, Milano,<br />

1996, 640).

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