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IL DIRITTO FALLIMENTARE - Cedam

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286<br />

Il diritto fallimentare delle società commerciali<br />

Il guaio maggiore, però, è che la norma denuncia un palese difetto di<br />

coordinamento con la disposizione alla quale rinvia, giacché trascura che<br />

la già ricordata esenzione si riferisce ai pagamenti «di beni e servizi», effettuati<br />

«nei termini d’uso»: nell’esaminare il problema (v. ancora supra, n.5),<br />

si è avuto modo di chiarire, infatti, che l’immunità dalla revoca scatta solo<br />

in presenza di una (almeno approssimativa) contestualità tra l’atto solutorio,<br />

compiuto dal fallito, e la prestazione (di beni o servizi) eseguita dal<br />

fornitore.<br />

Ci si scontra, dunque, con una serie di problemi molto delicati, tanto<br />

dal punto di vista esegetico, quanto da quello sistematico: dal primo angolo<br />

visuale, è agevole rilevare che i canoni del leasing vanno pagati alla scadenza<br />

(senza poter beneficiare della breve dilazione gratuita implicita nei «termini<br />

d’uso») e non servono ad acquistare «beni e servizi», ma servono – nella<br />

prospettiva accolta dalla riforma (v. appresso) – a restituire le somme prese<br />

in prestito, con l’aggiunta degli interessi nel frattempo maturati; se poi, dal<br />

tenore letterale delle singole norme (o frammenti di norma), ci si sposta a<br />

considerare la loro valenza sistematica, non si può fare a meno d’osservare<br />

che l’esenzione de qua non si riferisce al rimborso dei finanziamenti, e deve<br />

ritenersi esclusa anche quando il creditore abbia semplicemente «seguito la<br />

fiducia» del debitore, lasciando accumulare una serie di fatture non pagate.<br />

Prima di tentare di comporre l’apparente conflitto di norme, occorre<br />

verificare, tuttavia, se i singoli versamenti di denaro abbiano davvero, nella<br />

locazione finanziaria, le funzioni dianzi descritte (di restituire il capitale<br />

maggiorato delle usure), o non trovino il proprio fondamento in prestazioni<br />

d’altro genere, come si dovrebbe ritenere qualora si accostasse il leasing ai<br />

comuni contratti di locazione o alla compravendita con riserva di proprietà.<br />

12.1 La natura giuridica del leasing. – Non è questa la sede per affrontare<br />

il problema con gli approfondimenti, che meriterebbe. Qui mi limito a<br />

ricordare che in uno scritto di qualche anno addietro ( 10 ) avevo escluso la<br />

possibilità d’inquadrare il leasing tra i contratti di credito, per la semplicissima<br />

ragione che il profilo «reale» – costituto dal godimento del bene e dal<br />

suo eventuale trasferimento – assorbiva in sé e superava, a mio modo di vedere,<br />

il profilo «finanziario» dell’operazione. In altri termini, mi era sembrato<br />

decisivo il rilievo che l’utilizzatore non otteneva il godimento di una somma<br />

di denaro, sulla quale doveva corrispondere gli interessi; ma otteneva la<br />

disponibilità di una cosa e la possibilità di acquistarla alla fine del rapporto,<br />

dietro pagamento di due diversi corrispettivi (i canoni ed il prezzo d’opzione),<br />

che tenevano conto di varie componenti di costo. Tra tali componenti<br />

( 10 ) Ancora in Commentario Scialoja e Branca, III, pag. 269 seg.

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