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IL DIRITTO FALLIMENTARE - Cedam

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358<br />

Il diritto fallimentare delle società commerciali<br />

della scientia ovvero della inscientia decoctionis non può che essere riferito<br />

all’organismo societario ossia al soggetto cui è imputabile l’attività di impresa<br />

(cfr. Cassazione, 13 settembre 1997, n. 9075; Cassazione, 6 febbraio<br />

1997, n. 1122, ove si puntualizza che, «poiché èl’insolvenza della società<br />

a determinare il fallimento anche del socio, deve dedursi che ancora l’insolvenza<br />

della società assuma rilievo sotto il profilo della scientia decoctionis,<br />

con riguardo anche all’azione revocatoria proposta avverso gli atti di disposizione<br />

del socio e di quelli che comunque coinvolgono il suo personale patrimonio».<br />

Si tenga conto del resto che la prevalente dottrina riferisce senz’altro<br />

la qualifica di imprenditore alla società personale, sicché esclude che<br />

l’attività d’impresa possa essere imputata, in veste di coimprenditori, ai soci;<br />

compiuto l’atto revocando), oppure la società della quale il socio fa parte. La questione, com’è<br />

noto, non è nuova in giurisprudenza ed in dottrina ( 1 ).<br />

Il tribunale decide che il soggetto, del quale deve provarsi la conoscenza che il terzo aveva<br />

dello stato di insolvenza, sia la società (di cui il socio faceva parte), e non il socio stesso, pur<br />

se autore dell’atto revocando.<br />

Sebbene, di là da tale ipotesi, nelle altre fattispecie, vi sia perfetta coincidenza tra l’autore<br />

dell’atto ed il soggetto del quale bisogna provare che il terzo conosceva lo stato di insolvenza,<br />

nella fattispecie in esame è invece inevitabile distinguere, perché una è la persona che compie<br />

l’atto, altra è quella di cui si deve provare la scientia decoctionis (la società).<br />

La soluzione adottata appare peraltro da condividersi, per più di una ragione.<br />

Anzitutto, le norme di cui agli artt. 64 e segg. legge fallim.. prevedono fattispecie (negoziali<br />

e no) in cui da una parte vi è il terzo e dall’altra parte il fallito (che viene indicato, per<br />

precisione lessicale, come «debitore» – non «imprenditore» – dalle norme fallimentari, allorché<br />

esse descrivano atti che il soggetto ha compiuto prima della dichiarazione di fallimento,<br />

soggetto che, oltretutto, per la sentenza in commento – come si dirà infra –, potrebbe in quel<br />

tempo non essere ancora imprenditore). Inoltre, è fuor di dubbio che il socio non è néimprenditore<br />

(essendo tale la società, dotata di una sua distinta soggettività giuridica), né «debitore»,<br />

ai fini di cui alle norme in esame (essendo responsabile – quale fideiussore ex lege –di<br />

obbligazioni, il cui unico titolare, dal lato passivo, è la società). Sulla base di tali premesse,<br />

appare, per l’esegesi testuale, sicuramente corretta la decisione del tribunale sul punto.<br />

( 1 ) In giurisprudenza, ritengono che la prova dello stato di insolvenza debba riguardare la società dicuiil<br />

socio faccia parte – fra tante – Cassazione, 13 settembre 1997 n. 9075, in Giur. it., 1998, I, 1, 723; Cassazione, 6<br />

febbraio 1997 n. 1122, in Fallimento, 1997, 1179; Cassazione, 20 giugno 1994 n. 5921, in Fallimento, 1995, 152;<br />

Cassazione, 21 marzo 1991 n. 3060, in Fallimento, 1991, 794; Cassazione, 21 dicembre 1990 n. 12415, in Fallimento,<br />

1991, 673. Più indietro nel tempo, Cassazione, 22 ottobre 1976 n. 3745, in Giur. Comm. 1977, II, 15, con<br />

nt. adesiva di Maffei Alberti, in cui l’A. afferma che «la conoscenza dello stato di insolvenza va riferita alla società<br />

e non al socio perché l’elemento soggettivo della revocatoria deve essere inteso come conoscenza del fatto che, nel<br />

momento in cui è stato posto in essere l’atto impugnato, la controparte (o il solvens) era in condizioni tali da poter<br />

essere dichiarato immediatamente fallito» (corsivo nostro). Decisamente minoritaria l’opinione per cui sarebbe<br />

rilevante la scientia decoctionis del socio: Tribunale Roma, 30 novembre 1974, in Giur. Comm. 1975, II, 467; Tribunale<br />

Milano, 27 gennaio 1972, in Giur. it. 1973, I, 2, 384; Tribunale Milano, 22 novembre 1971, in Dir. Fall.<br />

1972, II, 487.

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