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IL DIRITTO FALLIMENTARE - Cedam

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Parte II - Giurisprudenza 367<br />

il sistema di pubblicità si riduce a questo, che l’obbligato all’iscrizione in<br />

tanto può opporre il fatto che vi è soggetto in quanto dia la prova o della<br />

conoscenza del medesimo da parte del terzo o della sua iscrizione nel registro<br />

delle imprese».<br />

Alla stregua dei premessi rilievi, pertanto, vi è ampio margine per ritenere<br />

che, al di fuori dell’ipotesi di cui all’art. 69 legge fallim., la sussistenza<br />

dello stato di decozione (oggetto, come anticipato, di una presunzione juris<br />

et de jure) e la conoscenza ovvero l’ignoranza dello stato di insolvenza operino<br />

da presupposti della revocatoria fallimentare indipendentemente e senza<br />

necessità alcuna, neppur di natura sistematica, che vi si affianchino, in<br />

pari tempo, quali presupposti ulteriori (o, quanto meno, quali elementi significativi<br />

per la valutazione della scientia ovvero della inscientia decotionis),<br />

la sussistenza dello stato di imprenditore assoggettabile a fallimento<br />

e la conoscenza di detto stato da parte del terzo chiamato in revocatoria.<br />

La disamina del thema della necessità della sussistenza della qualità di<br />

socio illimitatamente responsabile al tempo del compimento dell’atto impugnato<br />

e della rilevanza della conoscenza, del pari riferita al dì del compimento<br />

dell’atto revocando, di tale status da parte del terzo chiamato in revocatoria,<br />

non può prescindere dalle argomentazioni che precedono, benvero<br />

nella consapevolezza delle peculiarità di siffatta ipotesi.<br />

Per completezza ricostruttiva va previamente puntualizzato che la quaestio<br />

della sussistenza della qualità di imprenditore commerciale al tempo del<br />

compimento dell’atto e della conoscenza di detto status può, a pieno titolo e<br />

di certo, configurarsi pur in relazione alla società personale dichiarata fallita,<br />

il cui socio illimitatamente responsabile, dichiarato fallito, a sua volta, ai<br />

sensi dell’art. 147, comma 1, legge fallim., abbia posto in essere l’atto revocando.<br />

Più esattamente è ben possibile che al tempo del compimento, da parte<br />

del socio, dell’atto impugnato la società personale poi fallita non abbia avu-<br />

A tale rilievo potrebbe obiettarsi, di contro, che la mancata iscrizione provoca effetti giuridici<br />

sfavorevoli per la società (mentre qui il soggetto avvantaggiato sarebbe solo il socio); e<br />

che, oltretutto, a ben vedere, più che di un reale svantaggio per il curatore, sembrerebbe trattarsi<br />

di un mancato vantaggio (il poter invocare, da parte di costui, l’opponibilità della pubblicità<br />

dichiarativa), essendo comunque la qualità di socio illimitatamente responsabile oggetto<br />

di conoscenza in capo al terzo.<br />

Tali obiezioni formalistiche non sembrano tuttavia essere decisive: dal mancato aumento<br />

dell’attivo fallimentare (aumento che si sarebbe invece conseguito con il vittorioso esperimento<br />

della revocatoria), sono pregiudicati in definitiva i creditori, e nella dinamica processuale<br />

non può non riconoscersi che il fallimento istante può ben esser dichiarato soccombente se il<br />

terzo era, concretamente, in buona fede, non sapendo che l’autore dell’atto era socio illimitatamente<br />

responsabile.<br />

In conclusione, se è vero – come sostiene il tribunale – che la necessaria prova della co-

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