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IL DIRITTO FALLIMENTARE - Cedam

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Parte II - Giurisprudenza 369<br />

Difatti, in simile ipotesi non può che operare, del pari, l’effetto dell’inopponibilità<br />

ex art. 2193, comma 2, cod. civ., effetto destinato a prodursi<br />

a seguito della iscrizione nel registro delle imprese dell’atto costitutivo della<br />

soc. nome coll. ovvero della soc. acc. sempl. poi dichiarata fallita, atto ove,<br />

rispettivamente, in virtù del disposto dell’art. 2295, n. 1, cod. civ. e del<br />

combinato disposto degli artt. 2295, n. 1, 2315 e 2316 cod. civ., è indicazione<br />

del nome dei soci, segnatamente dei soci illimitatamente responsabili,<br />

nonché a seguito della iscrizione nel registro delle modificazioni del medesimo<br />

atto e, quindi, delle variazioni della compagine sociale.<br />

Residua l’ipotesi in cui l’autore dell’atto revocando abbia assunto la veste<br />

di socio illimitatamente responsabile della società personale dichiarata<br />

fallita in epoca posteriore al compimento del medesimo atto, fattispecie<br />

che registra un’indubbia e significativa divergenza rispetto all’ipotesi di assunzione<br />

in epoca successiva al compimento dell’atto revocando della qualità<br />

di imprenditore commerciale da parte della persona fisica poi dichiarata<br />

fallita.<br />

Infatti, nella prima ipotesi la qualità di imprenditore commerciale è da<br />

imputare ad un soggetto diverso (la società) da colui (l’autore dell’atto) che,<br />

successivamente al compimento dell’atto revocando, assume la qualità (di<br />

socio illimitatamente responsabile) che vale a cagionarne la declaratoria<br />

di fallimento; di conseguenza non vi è margine perché, indipendentemente<br />

e pur in difetto della qualità di imprenditore commerciale, possa egualmente<br />

e comunque configurarsi uno stato di decozione dell’imprenditore: al<br />

tempo del compimento dell’atto revocando la società-imprenditore potrebbe<br />

non esser ancora stata costituita (siccome l’insolvenza che rileva è quella<br />

della società, non esplica valenza alcuna la circostanza che il soggetto autore<br />

civ. del proprio debitore (o della propria controparte negoziale)? Non pare che nell’ordinamento<br />

constino fattispecie in cui l’assetto negoziale e/o la posizione debitoria possano essere<br />

in qualche modo influenzati dalla detta opponibilità.<br />

Possono invero immaginarsi fattispecie differenti, nelle quali il terzo creditore possa essere<br />

pregiudicato dal conferimento che il socio (proprio debitore) ha eseguito a vantaggio della<br />

società, e contro il quale il terzo potrà agire, se del caso, con le azioni di simulazione o revocatorie<br />

ordinarie; ma in nessun caso – sembra – l’avvenuta iscrizione nel registro del costituito<br />

rapporto sociale può avere efficacia alcuna nel dirimere il conflitto tra il terzo creditore<br />

ed il socio.<br />

All’opposto, l’unico caso (come pare) in cui, nel rapporto personale tra il terzo creditore<br />

ed il socio debitore, vi è una differenza di disciplina tra la qualità di socio di una società commerciale<br />

risultante dal registro e tra la qualità di socio di una società non iscritta, è rinvenibile<br />

nel combinato disposto degli artt. 2270 e 2305 cod. civ.: in esso però la legge, lungi dal pregiudicare<br />

il terzo, lo avvantaggia invece in maniera evidente, conformemente ai principi, del<br />

resto, per cui gli effetti della mancata iscrizione a registro ricadono sempre a solo pregiudizio<br />

della società, nonché dei soci che ne fanno parte.

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