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IL DIRITTO FALLIMENTARE - Cedam

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Parte II - Giurisprudenza 387<br />

Effetto diretto (unico effetto diretto) della rinuncia, ossia l’unica vicenda<br />

la cui fattispecie sia costituita dal negozio giuridico di rinuncia, è l’estinzione<br />

del debito che la convenuta aveva nei confronti di soc. per az.<br />

Palfin.<br />

Il complessivo maggior valore della partecipazione di Palfin soc. per az.<br />

in soc. a resp. lim. Azienda Olearia e vitivinicola (dedotto dalla convenuta)<br />

non è imputabile direttamente ed immediatamente al negozio di rinuncia,<br />

ma è effetto riflesso di esso.<br />

Il complessivo maggior valore presenta con la rinuncia un legame causale<br />

mediato, giacché si riallaccia non già direttamente al negozio di rinuncia,<br />

ma alla vicenda dell’estinzione del debito immediatamente derivante<br />

In questo caso è sorto contrasto tra la giurisprudenza della Suprema Corte e parte della<br />

giurisprudenza di merito. Invero, la Cassazione ha risolto le singole questioni sottoposte al<br />

suo vaglio ( 1 ), ponendosi dall’angolo di visuale dell’accipiens. In tal senso ha sostenuto che<br />

non si può parlare di atto a titolo gratuito in tutti i casi in cui alla prestazione del terzo<br />

non corrisponda un vantaggio patrimoniale per il terzo stesso, ma essa costituisca comunque<br />

per l’accipiens adempimento di una prestazione dovuta. In tali casi, infatti, sussiste si un<br />

aspetto di gratuità nell’adempimento ex parte solventis, ma solo nei rapporti tra il soggetto<br />

originariamente tenuto all’adempimento ed il solvens stesso, e non anche nei rapporti con<br />

il beneficiario della prestazione. Non bisogna, peraltro, tralasciare la menzione anche di altre<br />

pronunce di segno contrario, a mente delle quali la qualificazione giuridica della gratuità di<br />

un atto ai fini dell’esercizio dell’azione di inefficacia di cui all’art. 64 l.fall., andrebbe fatta<br />

proprio ex parte solventis, ossia con esclusivo riferimento agli effetti che l’atto abbia determinato<br />

sul patrimonio del fallito ( 2 ).<br />

La prevalente giurisprudenza di merito ha, invece, sostenuto che, nell’ambito dell’azione<br />

revocatoria, occorre aver riguardo alla posizione del solvens, in quanto tale azione è diretta<br />

alla ricostituzione del patrimonio del fallito a garanzia dei creditori. A sostegno di tale tesi<br />

si è evidenziato che, diversamente ragionando, i creditori del fallito sarebbero privi di tutela<br />

in tutti i casi di donazione indiretta (come, ad esempio, nel caso in cui il fallito abbia pagato il<br />

debito altrui).<br />

Un argomento testuale a favore di tale orientamento viene individuato nell’art. 67, comma<br />

1, n. 1, legge fallim. il quale, prevedendo la revoca degli atti a titolo oneroso in cui le prestazioni<br />

eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano notevolmente ciò che a lui è<br />

stato dato o promesso (la recente riforma della revocatoria fallimentare ha, sul punto, unicamente<br />

chiarito quand’è che due prestazioni in rapporto di sinallagmaticità vanno considerate<br />

sproporzionate), dimostrerebbe che nell’ambito dell’azione revocatoria fallimentare la valutazione<br />

di onerosità o gratuità deve essere compiuta con riferimento esclusivo agli effetti dell’atto<br />

sul patrimonio del fallito. A dire il vero, appare difficile parlare in siffatta evenienza<br />

( 1 ) Cassazione civ. 13 settembre 1983, n. 5548 in Il Fallimento n. 2, anno 1984, pag. 446.<br />

( 2 ) Cassazione civ., 21 novembre 1983, n. 6929 inedita; Cassazione civ., sez. I, 12 maggio 1992, n. 5616 in Il<br />

Fallimento n. 9, anno 1992, pag. 922; Cassazione civ., sez. I, 20 maggio 1987, n. 4608 in Il Fallimento n. 1, anno<br />

1988, pag. 17.

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