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IL DIRITTO FALLIMENTARE - Cedam

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374<br />

Il diritto fallimentare delle società commerciali<br />

fattualmente svolta dalla società) permette di individuare il discrimen tra<br />

l’impresa commerciale e quella agricola e giustifica la sottrazione della seconda<br />

dal fallimento.<br />

Deve, quindi, negarsi che, in astratto, le dimensioni dell’impresa o la<br />

complessità della sua struttura organizzativa dipendente dall’adozione di<br />

questo specifico modello societario possano incidere, con rilevanza dirimente,<br />

sulla natura agricola o commerciale dell’imprenditore.<br />

Diversamente opinando si finirebbe con il ritagliare il profilo dell’imprenditore<br />

agricolo solo sulla falsariga di quello del piccolo imprenditore,<br />

così negando la specificità dell’impresa agricola, relegata ad un ruolo economico<br />

sostanzialmente marginale, a strutture organizzative semplici ed a tecniche<br />

di produzione rudimentali. E ciò in contrasto con il modello delineato<br />

dall’art. 2135 cod. civ. (soprattutto dopo la riforma introdotta con la legge<br />

228/2001), che assegna all’impresa agricola una fisionomia economicamente<br />

più pregnante e complessa e tale da richiedere modelli organizzativi sofisticati,<br />

strutture specializzate ed una elevata qualificazione professionale.<br />

Questa pronuncia si segnala poiché èuna delle prime ad essersi pronunciata su questo<br />

tema dopo la novella del 2001. La disciplina dell’imprenditore agricolo, con riguardo anche<br />

all’esenzione di quest’ultimo dalle procedure concorsuali ( 1 ), ha assunto particolare rilievo<br />

successivamente alla novellazione dell’art. 2135 cod. civ. effettuata ad opera della legge<br />

228/2001.<br />

In particolare, il Tribunale sottolinea come non sia tanto la qualità soggettiva data dalla<br />

veste societaria a consentire una distinzione tra impresa commerciale ed agricola quanto la<br />

natura dell’attività imprenditoriale.<br />

Considera il Tribunale, infatti, che l’art. 2249 comma 2 cod. civ. consente la costituzione<br />

di società per azioni che abbiano ad oggetto l’esercizio di un’attività diversa da quella commerciale<br />

e più in generale rileva che, anche le imprese agricole, possono costituirsi in società<br />

nelle stesse forme tipizzate dal legislatore per l’attività commerciale.<br />

Il Tribunale osserva inoltre che la riforma del 2001 ha riconosciuto all’impresa agricola<br />

una rilevanza maggiore rispetto al passato. Tuttavia, le dimensioni dell’impresa o la sua struttura<br />

organizzativa non devono incidere sulla valutazione dell’interprete. In caso contrario, infatti,<br />

si assegnerebbe all’impresa agricola un ruolo marginale, negando la specificità della sua<br />

disciplina e soprattutto assimilando il profilo dell’imprenditore agricolo a quello del piccolo<br />

imprenditore.<br />

Sulla base di questi principi, il Tribunale pone in risalto che una corretta qualificazione<br />

( 1 ) La marcata differenziazione normativa esistente fra l’impresa agricola e quella commerciale è evidente<br />

non solo in relazione al mancato assoggettamento del primo alla procedura fallimentare, ma anche al privilegio<br />

per quanto riguarda il diritto di prelazione agraria nonché in materia creditizia e fiscale. I benefici di cui gode<br />

l’imprenditore agricolo, inoltre, sono divenuti ancora più rilevanti a seguito del d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99 in<br />

conseguenza del quale esso può godere, a determinate condizioni, di alcune agevolazioni fiscali riconosciute alla<br />

persona fisica che abbia qualifica di coltivatore diretto.

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