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IL DIRITTO FALLIMENTARE - Cedam

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398<br />

Il diritto fallimentare delle società commerciali<br />

Cassazione 2001/96 autorizza ad intravedere nell’interesse di gruppo<br />

l’espressione di un assetto di interessi (il gruppo di società, per l’appunto),<br />

idoneo a sostanziare atti privati coerenti con l’art. 1322, comma 2, cod. civ.<br />

La configurabilità di negozi traslativi atipici purché sorretti da causa lecita<br />

trova fondamento nel principio dell’autonomia contrattuale posto da questa<br />

norma: per questa via, secondo Cassazione, 9 ottobre 1991, n. 10612 (id.,<br />

Rep. 1991, voce Contratto in genere, n. 338), l’interesse del gruppo esce<br />

dal limbo dei motivi, tradizionalmente irrilevanti per il diritto ed acquista<br />

rilevanza giuridica.<br />

La tesi si scontra con l’impossibilità (sinora) di elaborare una nozione di<br />

lita al conseguimento di un finanziamento da parte di altra società appartenente allo stesso<br />

«gruppo» ( 25 ).<br />

La sentenza in esame non ha escluso la possibilità che dalla rinuncia ad un credito vantato<br />

nei confronti della controllata derivi per la capogruppo rinunciante un vantaggio in termini<br />

di maggior valore della partecipazione, ma ha sostenuto che siffatto vantaggio rappresenta<br />

un effetto indiretto ed ulteriore della rinuncia la quale, di per sé, determina direttamente<br />

solo l’estinzione dell’obbligazione.<br />

In passato, pertanto, ci si era posti soprattutto il problema se fosse atto oneroso od a<br />

titolo gratuito la costituzione di garanzia da parte di una società a favore di altra società appartenente<br />

al medesimo gruppo, statuendo che la mera appartenenza ad uno stesso gruppo<br />

non implicasse tout court l’onerosità della prestazione di garanzie rese per società collegate,<br />

controllate o controllanti. Il vero problema era stabilire in quali casi esistesse un vantaggio,<br />

anche se mediato ed indiretto, tale da escludere la gratuità della costituzione, ad esempio,<br />

di un pegno o di una fidejussione.<br />

Con orientamento sostanzialmente conforme alla sentenza in esame, lo stesso Tribunale<br />

di Napoli aveva già ritenuto che la gratuità andasse analizzata solo in relazione ai riflessi diretti<br />

ed immediati che la concessione della garanzia aveva avuto sulla situazione patrimoniale<br />

del soggetto fallito (cioè del soggetto che ha prestato la garanzia) e non anche dell’eventuale<br />

beneficio trattone dal terzo garantito. In tale prospettiva, la sentenza si poneva, però, in antitesi<br />

con la Suprema Corte, la quale nella sentenza della I Sezione n. 9532 del 29 settembre<br />

1997 aveva affermato che: «la non gratuità della fidejussione risulta dal vantaggio che la garante<br />

si riprometteva di ritrarre, intendendosi con tale termine non necessariamente un incremento<br />

immediato del proprio patrimonio, ma il beneficio del terzo garantito, inserendosi il contratto a<br />

favore di terzo in uno schema tipicamente oneroso». Viceversa, per il Tribunale di Napoli, poiché<br />

la concessione della garanzia (nel caso specifico, il pegno di titoli) non aveva avuto quale<br />

contropartita l’incremento del patrimonio della garante poi fallita – non potendosi altresì ravvisare<br />

la contropartita per la garante in una «evanescente ed indefinita rifrazione del «gruppo»<br />

ovvero della capogruppo» – non si poteva che concludere per l’esclusione del carattere<br />

oneroso della prestazione di garanzia in esame; con conseguente possibile applicazione dell’art.<br />

64 legge fallim.<br />

( 25 ) Tribunale Treviso, 16 gennaio 1999, Banca pop. veneta c. Fall. soc. Antica Quercia, in Giur. it. 1999,<br />

1409.

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