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IL DIRITTO FALLIMENTARE - Cedam

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Parte I - Dottrina 353<br />

grammata, si deve spesso consentire la presenza di imprese non redditizie,<br />

essendo questo il prezzo che si deve pagare per realizzare l’obiettivo di una<br />

maggiore efficienza dell’economia nel suo complesso. Così, il salvataggio e<br />

la riorganizzazione dell’impresa si impongono ove si tratti, ad esempio, di<br />

impresa oligopolica, per la quale la legge del mercato non opera e la cui eliminazione,<br />

data l’impossibilità di sostituirla con altra fungibile, rappresenta<br />

un costo per la collettività o di una impresa su cui graviti il lavoro di una<br />

intera città, tutta una serie di infrastrutture, eccetera.<br />

Ma neppure è opportuno sostituire la dura logica della selezione con la<br />

presenza di uno Stato assistenziale che interviene, direttamente o indirettamente,<br />

con il denaro pubblico, sempre e ad ogni costo, con operazioni di<br />

salvataggio che non hanno altro fine che sanare il deficit dell’impresa e rimandare<br />

nel tempo le conseguenze negative dello stato di insolvenza.<br />

L’esperienza degli ultimi tempi ha dimostrato che l’interesse dei dipendenti<br />

di una impresa non si tutela cercando di tenere in vita in modo artificioso<br />

un rapporto ormai vuoto di contenuto, e che sacrificare incondizionatamente<br />

l’interesse dei creditori a quello dei lavoratori significa spesso<br />

trasferire l’insolvenza nelle imprese economicamente dipendenti da quella<br />

dissestata e così favorire il personale di quest’ultima a scapito di altri lavoratori<br />

in stato di maggiore debolezza. Sovente, inoltre, l’impresa giunge sull’orlo<br />

del fallimento per l’impossibilità di adeguare tempestivamente alle effettive<br />

esigenze produttive la consistenza del personale dipendente. La difesa<br />

ad oltranza di ogni posto di lavoro rischia così di compromettere anche<br />

la posizione di chi non subirebbe pregiudizi dalla semplice riduzione dei livelli<br />

occupazionali.<br />

È chiaro che, in tali ipotesi, ai problemi dell’occupazione deve essere<br />

data una soluzione diversa dal ricorso a procedure che hanno la finalità<br />

di salvare l’impresa, come, ad esempio, l’inserimento del personale esuberante<br />

o di quello dell’impresa liquidata in aziende di nuova costituzione o<br />

in fase di espansione.<br />

Di recente è stata emanata la legge 14 maggio 2005, n. 80, di conversione,<br />

con modificazioni, del decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni<br />

urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico,<br />

sociale e territoriale; nonché deleghe al Governo per la modifica del codice<br />

di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato, e<br />

per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali.<br />

Venivano indicati i criteri direttivi ed i princìpi ai quali si doveva attenere<br />

il Governo nell’esercizio della delega.<br />

Per quanto concerne gli aspetti fin qui esaminati, al n. 1, dell’art. 6 era<br />

previsto che il Governo doveva semplificare la disciplina attraverso l’estensione<br />

dei soggetti esonerati dall’applicabilità dell’istituto del fallimento.<br />

La delega comprendeva anche, all’art. 14, l’abrogazione dell’amministrazione<br />

controllata.

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