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IL DIRITTO FALLIMENTARE - Cedam

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Il diritto fallimentare delle società commerciali<br />

che i creditori devono subire una falcidia dei propri crediti: ragione per la<br />

quale viene loro sottratta la libertà di agire in via esecutiva ordinaria.<br />

Ma oggi e nel recente passato legittima è parsa la domanda se ed eventualmente<br />

in quale misura la crisi dell’impresa debba passare attraverso il<br />

filtro costituito dalla nozione positiva di insolvenza, così da rilevare giuridicamente<br />

per quei soli effetti per i quali tale definizione è dettata.<br />

La preoccupazione costante del legislatore del 1942 , come appare dalla<br />

disciplina degli istituti fallimentari, è senz’altro la tutela dei creditori, mentre<br />

relegato in secondo piano è l’interesse alla conservazione dell’impresa.<br />

Indubbiamente, le procedure di concordato preventivo e di amministrazione<br />

controllata possono consentire anche la soddisfazione di quest’ultimo interesse.<br />

Ma non si può fare a meno di rilevare che il legislatore pone a queste<br />

procedure tutta una serie di limiti che finiscono per ridurre sensibilmente<br />

la loro sfera di applicazione.<br />

Si tratta di procedure che possono essere instaurate solo su istanza del<br />

debitore, mentre l’obiettivo interesse di salvare l’impresa esige che una simile<br />

valutazione non sia lasciata esclusivamente al debitore medesimo, se<br />

è vero che non sono in gioco soltanto i suoi interessi personali. D’altro canto,<br />

sia l’una che l’altra procedura richiedono, oltre a presupposti oggettivi,<br />

anche requisiti soggettivi di meritevolezza dell’imprenditore, costituendo<br />

dei benefici che vengono concessi all’imprenditore onesto e sfortunato.<br />

La prosecuzione della procedura, inoltre, è condizionata all’approvazione<br />

della maggioranza qualificata dei creditori, i quali, ovviamente, più che pensare<br />

al recupero dell’impresa, curano e tutelano le proprie ragioni creditorie.<br />

Non è senza rilievo, infine, il fatto che in numerose situazioni la procedura<br />

può cessare per il solo comportamento negativo dell’imprenditore beneficiato.<br />

Anche se, come si evince dalla relazione ministeriale, l’intento del legislatore<br />

del 1942 era quello di sfruttare, attraverso il rimedio dell’amministrazione<br />

controllata, le forze intrinseche dell’impresa e stimolarle per<br />

il suo risanamento e, quindi, salvare l’impresa ed evitare la sua liquidazione,<br />

non vi è dubbio che il legislatore medesimo non si è neppure posto<br />

il problema della riorganizzazione dell’impresa e della conseguente<br />

normalizzazione dell’esercizio commerciale. Negli artt. 187-193 legge fallim.<br />

si prevede dapprima un controllo, che può essere eventuale o parziale,<br />

della gestione aziendale da parte del commissario giudiziale, e poi<br />

si lascia che il risanamento dell’impresa stessa avvenga privatamente, al<br />

di fuori di qualsiasi controllo giurisdizionale, ovvero che dal cilindro del<br />

prestigiatore dell’imprenditore decotto salti fuori una proposta di concordato<br />

preventivo, se non addirittura l’istanza di fallimento, dichiarabile,<br />

peraltro, anche di ufficio a norma dell’art. 192, comma 2, legge fallim.<br />

Il concordato preventivo, inoltre, è sorto in epoche in cui le crisi econo-

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