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IL DIRITTO FALLIMENTARE - Cedam

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Parte I - Dottrina 307<br />

corso verranno trattati meglio i creditori della società o quelli del patrimonio<br />

separato (che potrebbe essere anche «più insolvente», per così dire, della<br />

persona giuridica che lo ha gestito).<br />

A mio sommesso avviso, per impostare in maniera corretta il problema<br />

si deve partire dal rilievo che la norma ha voluto responsabilizzare i terzi,<br />

tanto nei confronti dei creditori della società, quanto nei confronti dei creditori<br />

del patrimonio separato. In altri termini, chi compie un atto astrattamente<br />

revocabile deve sapere che lo stesso può violare la garanzia patrimoniale<br />

generica di due distinte masse di soggetti; e deve sapere, di conseguenza,<br />

che gli effetti dell’impugnativa potranno essere diversi, a seconda degli<br />

interessi che, in concreto, risulteranno maggiormente sacrificati (verrebbe<br />

voglia di richiamare, sia pure in un contesto tutto diverso, il principio<br />

per cui chi si macchia di un illecito – o di una frode – deve piangerne tutte<br />

le conseguenze).<br />

In quest’ottica, si deve ritenere che gli organi del fallimento debbono<br />

decidere, quando promuovono l’azione, se l’esercitano «in nome» della società,<br />

o «in nome» del patrimonio destinato. In quest’ultimo caso tutto si<br />

svolge all’interno del compendio patrimoniale, di cui stiamo parlando, salvo<br />

a vedere se alla fine della liquidazione non residui una somma da riversare<br />

nell’attivo del fallimento sociale. Nel primo caso la curatela deve tenere<br />

conto del fatto che il risultato utile dell’impugnativa è destinato a soddisfare,<br />

in primo luogo, i crediti sorti dallo specifico affare e, di conseguenza,<br />

deve operare un conguaglio tra le due masse attive.<br />

La soluzione può sembrare – a seconda dei gusti – salomonica o troppo<br />

complicata; ma è l’unica che mi sentirei di suggerire in questo commento «a<br />

caldo» delle nuove norme di legge.<br />

14.6. Problemi altrettanto delicati si pongono qualora la curatela dovesse<br />

decidere di liquidare in blocco il patrimonio destinato, magari avvalendosi<br />

delle nuove tecniche previste per il concordato fallimentare. Naturalmente,<br />

le revocatorie potrebbero essere cedute assieme agli altri beni,<br />

con una maggiorazione della percentuale da distribuire ai creditori particolari<br />

del patrimonio dedicato; tuttavia, se quest’ultimo dovesse presentare<br />

una plusvalenza dell’attivo rispetto al passivo, potrebbe sembrare più conveniente<br />

scorporare le revocatorie dal ramo d’azienda, con cui viene gestito<br />

lo specifico affare, per riservarne l’esercizio agli organi del fallimento, o per<br />

cederle ad altro acquirente.<br />

Non è facile precisare la disciplina alla quale debbono essere sottoposte<br />

operazioni di quest’ultimo tipo. Per un verso, è chiaro che i creditori «particolari»<br />

(ai quali era prioritariamente indirizzato il risultato utile dell’impugnativa)<br />

debbono essere soddisfatti per intero, perché solo a questa condizione<br />

si può pensare al predetto «scorporo» delle revocatorie dal patrimonio<br />

destinato. Più difficile, invece, è dire a quale trattamento debba essere sot-

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