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DOTTORATO DI RICERCA - Departamento de Geografia

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Malatesta era sostenitore <strong>de</strong>lla corrente <strong>de</strong>ll’antilegalitarismo e aveva come<br />

preoccupazione centrale quella di svegliare il rivoluzionario che si trovava addormentato<br />

tra i socialisti per provocare l’insurrezione che, dal punto di vista <strong>de</strong>gli anarchici, era<br />

sempre latente. Con tale finalità, pensava di organizzare un “partito” senza gerarchia,<br />

senza rigidità formale e, soprattutto, senza partecipare alle elezioni. Con l’obiettivo di<br />

ampliare le discussioni, l’anarchico convocò il Congresso Socialista Rivoluzionario<br />

Italiano, tenuto nel gennaio 1891 a Capolago. Anche Rossi vi partecipò, cogliendo<br />

l’occasione per fare propaganda alla Cecilia, invitando le persone a unirsi all’esperimento.<br />

Questo fatto dispiacque profondamente a Malatesta, che fece critiche severe al<br />

comportamento di Rossi, in una lettera pubblicata nel marzo 1891 sul giornale «La<br />

Rivendicazione» di Forlì. “La lettera [era] dura nella critica a ciò che chiama[va] «Colonia<br />

Rossi». Inoltre, [era] <strong>de</strong>cisa non solo in relazione alle colonie, ma [era] contro l’emigrazione in<br />

generale. Per lui l’emigrazione rappresenta[va] un’ancora di salvezza che distanzia[va]<br />

l’emigrante dalla rivoluzione, una volta che ritira[va] il dominato dal luogo <strong>de</strong>lla dominazione<br />

e <strong>de</strong>lla latente insurrezione e, in più, non risolve[va] la ragione <strong>de</strong>ll’emigrare” (MÜELLER,<br />

1989:265/266). La principale preoccupazione di Malatesta era che i coloni venissero ad<br />

appassionarsi all’esperienza, trasformandola in un fine in sé, tralasciando il suo carattere di<br />

“laboratorio”.<br />

MÜELLER informa che Rossi rispose alla lettera di Malatesta soltanto nel 1893, nel<br />

suo libro Cecilia, Comunità anarchica sperimentale. Un episodio d’amore nella Colonia «Cecilia»,<br />

dove un’altra volta riaffermò la libertà di scelta <strong>de</strong>i mezzi per arrivare al fine, questo sì<br />

unico: la rivoluzione sociale. L’autrice richiama l’attenzione sul fatto che Rossi aveva<br />

mantenuto viva la funzione utopica <strong>de</strong>lla sua colonia sperimentale, dal momento in cui<br />

non aveva “mai obbedito a un piano più elaborato o senza dubbio più ambizioso che non<br />

quello <strong>de</strong>lla ricerca costante <strong>de</strong>lla libertà. (…) Il quotidiano esige[va] piani perché la<br />

sopravvivenza [fosse] garantita: la coltivazione, la costruzione di piccole case e la preparazione<br />

<strong>de</strong>ll’arrivo di nuovi compagni sarà la preoccupazione immediata <strong>de</strong>i pionieri. Chi saranno<br />

questi nuovi compagni non si sa[peva]. Non si ammett[eva]no regole o criteri per la loro<br />

accettazione” (MÜELLER, 1989: 272/273).<br />

Questo è, senza dubbio, un punto che merita di essere sottolineato. Dopo che Rossi<br />

era tornato in Italia, molte furono le persone che si candidarono a emigrare nella Colonia,<br />

al punto che, nel 1891, essa contava, com’è stato <strong>de</strong>tto, più di centocinquanta membri.<br />

Questa crescita rapida fu, secondo Rossi stesso, disastrosa. Dal momento in cui la ricerca<br />

<strong>de</strong>lla libertà era l’unico piano stabilito, non si poteva impedire che le persone entrassero. E<br />

molti di quelli che si <strong>de</strong>stinarono alla Cecilia non avevano niente in comune col progetto<br />

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