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DOTTORATO DI RICERCA - Departamento de Geografia

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società” (WOODCOCK, 1966:5). Sono due le <strong>de</strong>finizioni <strong>de</strong>ll’anarchico presenti nei<br />

dizionari: una lo presenta come un uomo convinto che il governo <strong>de</strong>ve morire prima che<br />

possa vivere la libertà; l’altra lo liquida sbrigativamente come un semplice promotore di<br />

disordini che non offre nulla in cambio <strong>de</strong>ll’ordine che distrugge. Nel pensiero popolare è<br />

quest’ultima che prevale: anarchia come sinonimo di caos. Questo si <strong>de</strong>ve, da un lato,<br />

all’attitudine di una parte <strong>de</strong>gli anarchici che preferivano sottolineare l’aspetto distruttivo<br />

<strong>de</strong>lla dottrina, molte volte tramite l’uso <strong>de</strong>lla violenza. Dall’altro, dalla visione distorta che<br />

è stata fornita da una parte importante <strong>de</strong>lla storiografia, di <strong>de</strong>stra e di sinistra.<br />

Dal punto di vista scientifico, l’anarchia <strong>de</strong>ve essere intesa “come un sistema di<br />

pensiero sociale, mirante a cambiamenti fondamentali nella struttura <strong>de</strong>lla società e in<br />

particolare – perché questo è l’elemento che accomuna tutte le sue varie forme – alla<br />

sostituzione <strong>de</strong>llo stato autoritario con qualche forma di cooperazione tra individui liberi”<br />

(WOODCOCK, 1966:9).<br />

Ci sono diverse questioni importanti all’interno <strong>de</strong>lla filosofia anarchica. La<br />

questione <strong>de</strong>i mezzi usati per raggiungere i fini è una di esse. Gli anarchici sono d’accordo<br />

rispetto ai fini <strong>de</strong>lla loro lotta, ma non sui mezzi utilizzati per raggiungerli. A questo<br />

riguardo l’uso o meno <strong>de</strong>lla violenza diventa centrale. Non tutti erano d’accordo sull’uso<br />

<strong>de</strong>lla violenza, ma la negazione <strong>de</strong>ll’autorità da parte <strong>de</strong>gli anarchici fece diventare<br />

automatica l’associazione tra anarchismo e violenza.<br />

La questione <strong>de</strong>llo Stato è quella centrale all’interno di questa filosofia. Esiste<br />

unanimità sulla necessità di distruggerlo – e questo è uno <strong>de</strong>i fini <strong>de</strong>lla loro lotta, se non il<br />

principale. Gli anarchici rifiutano l’azione politica in quanto tale e soprattutto l’i<strong>de</strong>a che si<br />

possa trasformare la società con misure parziali e graduali. Così, “basano (…) la loro tattica<br />

sulla teoria <strong>de</strong>ll’«azione diretta,» e affermano che i loro mezzi di lotta comprendono tutta una<br />

gamma di tattiche – dallo sciopero generale e dal rifiuto di prestare servizio militare alla<br />

formazione di cooperative e società di credito – miranti a distruggere l’ordine esistente e a<br />

preparare la rivoluzione sociale o a fare in modo che, una volta cominciata, essa non sfoci<br />

nell’instaurazione di un regime autoritario” (WOODCOCK, 1966:26).<br />

Una volta distrutto lo Stato, si doveva pensare a come organizzare la società senza<br />

di esso. Gli anarchici sono unanimi nel sottoporre il socialismo “autoritario” – quello<br />

difeso da Marx e i suoi discepoli – a una critica severa, sottolineando come fanno<br />

STIRNER e PROUDHON, la subordinazione <strong>de</strong>ll’individuo alla collettività e di<br />

conseguenza, il non rispetto <strong>de</strong>lla libertà individuale. Gli anarchici vedono la collettività<br />

come un insieme di individui sovrani la cui individualità <strong>de</strong>ve essere rispettata, il che non<br />

si effettua nel socialismo autoritario. Dopodiché, ognuno, d’accordo con la sua<br />

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