DOTTORATO DI RICERCA - Departamento de Geografia

irrispettose dei bioritmi naturali, minacciati dal degrado ambientale e da leggi igienistiche
concepite per l’industria e assurdamente imposte al piccolo artigiano. Di fronte a questa
situazione Slow Food lancia una proposta concreta dal nome simbolico, l’Arca, un’arca per
salvaguardare la produzione di qualità dal diluvio dell’omologazione e dai suoi effetti
desertificanti. A fronte della logica macroeconomica, propone di tornare a lavorare in
un’ottica regionale, di reinventare modi di produzione e di offerta, consapevole che
quest’ultima via è forse l’unica per salvaguardare la qualità, senza perdere di vista l’agricoltura
europea e mondiale” (PETRINI, 2003:89).
Il “principio di Noè” è, secondo PETRINI, il cammino da seguire per cercare di
salvaguardare e valorizzare un patrimonio che altrimenti sarà perso, soprattutto quando si
tiene in considerazione l’enorme e velocissima riduzione della biodiversità in corso a ritmi
sempre più insostenibili sin dalla seconda metà del XX secolo. A titolo di esempio,
l’autore ricorda, che dal 1993 al 1999 cento varietà di formaggi sono scomparse dalla
commercializzazione, tra i quali il Granone di Lodi, il Solandro del Trentino e il Padraccio
della Basilicata. E a rischio di scomparsa c’è anche tutto l’artigianato agroalimentare
italiano ed europeo, dalla panetteria all’erboristeria. PETRINI insiste sul fatto che la
scomparsa di razze animali o di varietà vegetali comporta una rinuncia ai sapori di un
territorio nonché ai suoi prodotti, motivo per cui diventa necessario intraprendere azioni
rivolte a salvaguardare e tutelare i prodotti tipici.
Un tentativo era già stato fatto da parte dell’Unione Europea nel 1992, attraverso la
creazione dei marchi DOP – Denominazione di Origine Protetta – e IGP – Indicazione
Geografica Protetta. “La Dop identifica un prodotto la cui produzione e trasformazione
hanno luogo in un’area geografica ben delimitata; per l’Igp, invece, è sufficiente il legame con
il territorio di uno degli stadi della produzione. Per ottenere il marchio occorrono un
disciplinare di produzione 336 , un ente terzo garante e l’approvazione dell’Unione europea. È
ovvio che, quando i produttori sono pochi e privi di risorse, tutto questo è impossibile. È pur
vero che l’istituzione di Dop e Igp ha contribuito a scoraggiare le frodi, ma un disciplinare
imprime sempre una spinta verso l’omologazione: tutti i produttori tendono ad adeguare i
loro stili di lavorazione a quelli del disciplinare, perdendo un prezioso patrimonio di varianti.
Le Denominazioni di origine protetta, inoltre, garantiscono il prodotto, ma non sono in grado
di valorizzarlo. E spesso l’impressione è che, in sede comunitaria, la distribuzione di Dop e
Igp segua orientamenti burocratici e politici, senza entrare nel merito dell’effettiva qualità dei
prodotti” (PETRINI, 2003:93).
336 Le regole che il produttore deve rispettare perché possa, in questo caso, avere il marchio DOP o
IGP. Nel caso dello Slow Food, perché possa far parte del Presìdio. Nota mia.
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