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DOTTORATO DI RICERCA - Departamento de Geografia

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prodotti accumulati sia nell’agricoltura che nell’industria fossero sufficienti per soddisfare i<br />

bisogni di tutti e, quando scopre che non sempre era così, si concentra sulle possibilità<br />

offerte dai progressi <strong>de</strong>lla scienza che a suo parere si sarebbero diffusi dappertutto, senza<br />

tenere in consi<strong>de</strong>razione la resistenza da parte <strong>de</strong>i piccoli produttori – soprattutto <strong>de</strong>i<br />

contadini – alle novità nel processo produttivo e le difficoltà che tale diffusione avrebbe<br />

dovuto affrontare.<br />

Per quanto riguardava la giornata di lavoro, egli riteneva che se tutti lavorassero<br />

dall’età di 20 a 50 anni in un’attività produttiva consi<strong>de</strong>rata necessaria, sarebbero bastate<br />

quattro o cinque ore di lavoro al giorno per garantire a tutti l’agiatezza. L’altra parte <strong>de</strong>lla<br />

giornata, secondo lui, doveva essere <strong>de</strong>dicata ad attività artistiche o scientifiche a cui<br />

ciascuno si sentisse più portato, garantendo così a ogni individuo il totale sviluppo di tutte<br />

le sue facoltà e portando così alla fine <strong>de</strong>lla differenziazione tra lavoro intellettuale e<br />

lavoro manuale, accettata anche da alcuni <strong>de</strong>i collettivisti sotto forma di lavoro distinto<br />

(intellettuale) e lavoro semplice (manuale). Richiama l’attenzione sulla necessità di<br />

trasformare l’ambiente di lavoro in un posto piacevole e sui vantaggi che tale<br />

trasformazione avrebbe comportato come l’aumento <strong>de</strong>lla produttività e <strong>de</strong>lla qualità <strong>de</strong>l<br />

lavoro svolto, senza che per questo si dovesse aumentare la quantità <strong>de</strong>lle ore lavorate 201 .<br />

Inoltre, sottolinea la necessità di garantire a tutti spazi individuali dove poter usufruire <strong>de</strong>l<br />

tempo libero come meglio ritenuto da ogni individuo, dichiarandosi contrario<br />

all’organizzazione <strong>de</strong>lla vita sociale in falansteri o familisteri.<br />

KROPOTKIN rispon<strong>de</strong> ancora a due <strong>de</strong>lle principali obiezioni che spesso<br />

venivano fatte riguardo all’istituzione <strong>de</strong>l comunismo anarchico nella società futura. La<br />

prima si riferiva al non lavoro e alla proprietà: secondo i suoi critici, dal momento in cui il<br />

lavoro non sarebbe stato più un obbligo/costrizione, ciascuno avrebbe cercato di scaricare<br />

sugli altri le proprie responsabilità, lavorando malvolentieri e il minimo possibile o non<br />

lavorando punto, fatto che avrebbe provocato la diminuzione <strong>de</strong>lla<br />

produzione/produttività <strong>de</strong>l lavoro. KROPOTKIN contraddice questa obiezione,<br />

affermando essere esattamente l’opposto quello che si verifica, e cioè, che si lavora meglio<br />

quando il lavoro è libero, quando il lavoratore, padrone anche lui <strong>de</strong>lla terra e <strong>de</strong>gli altri<br />

strumenti di produzione, sente di lavorare per sé e non si sente sorvegliato da nessuno né<br />

obbligato a niente e, meglio ancora, quando il lavoro viene svolto collettivamente.<br />

201 Secondo l’anarchico, una volta che il lavoro fosse diventato libero e piacevole e che al lavoratore<br />

fosse data l’opportunità di scegliere a quale attività <strong>de</strong>dicarsi, egli si sarebbe sentito molto più<br />

stimolato e, una volta padrone <strong>de</strong>l proprio lavoro, sentendo di lavorare per sé, avrebbe lavorato<br />

molto di più. Tale pratica avrebbe portato alla sparizione <strong>de</strong>l lavoro noioso e alienante, nonché <strong>de</strong>i<br />

cosid<strong>de</strong>tti lavoratori pigri.<br />

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