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DOTTORATO DI RICERCA - Departamento de Geografia

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Infatti, KROPOTKIN ritiene che, partendo “da questo punto di vista generale e sintetico<br />

<strong>de</strong>lla produzione, (…) [non era possibile] ammettere con i collettivisti che [potesse] essere un i<strong>de</strong>ale, o<br />

anche un passo innanzi verso questo i<strong>de</strong>ale, la rimunerazione proporzionale alle ore di lavoro da<br />

ciascuno effettuate per la produzione <strong>de</strong>lle ricchezze. Senza discutere qui se realmente il valore di<br />

scambio <strong>de</strong>lle merci [fosse] calcolato nella società attuale dalla quantità di lavoro necessario per<br />

produrle (…), ci [basta] dire (…) che l’i<strong>de</strong>ale collettivista ci pare irrealizzabile in una società che<br />

consi<strong>de</strong>ri gli strumenti di produzione come un patrimonio comune. Basata su tale principio, essa si<br />

[sarebbe vista] poi costretta ad abbandonare immediatamente ogni forma di salario451. Noi siamo persuasi che l’individualismo attenuato dal sistema collettivista non [avrebbe potuto]<br />

esistere a lato <strong>de</strong>l comunismo parziale <strong>de</strong>l suolo e <strong>de</strong>gli strumenti di lavoro posseduti da tutti. Una<br />

nuova forma di produzione non potrebbe conservare l’antica forma di consumo, come non potrebbe<br />

adattarsi alle antiche forme d’organizzazione politica.<br />

(…). Il possesso comune <strong>de</strong>gli strumenti di lavoro [apporta] necessariamente il godimento in<br />

comune <strong>de</strong>i frutti <strong>de</strong>l lavoro comune” (KROPOTKIN, 1948:22).<br />

Dando seguito alla sua argomentazione, egli elenca una serie di fatti consi<strong>de</strong>rati da lui come<br />

la manifestazione <strong>de</strong>lla ten<strong>de</strong>nza specificamente comunista già all’interno <strong>de</strong>lle società che<br />

predicavano l’individualismo, quali la crescita di nuove organizzazioni basate sul principio «a<br />

ciascuno secondo i propri bisogni»; le ten<strong>de</strong>nze a non misurare il consumo; a collocare i bisogni <strong>de</strong>gli<br />

individui al di sopra <strong>de</strong>lla valutazione <strong>de</strong>i servizi da essi prestati o da prestare alla società;<br />

l’aumento <strong>de</strong>lla solidarietà tra le persone e la nascita di organizzazioni libere, di tipi e funzioni<br />

diverse. Davanti a quanto appena <strong>de</strong>tto, si domanda come fosse possibile dubitare che questi<br />

principi non fossero in grado di diventare i principi <strong>de</strong>lla vita sociale <strong>de</strong>lla nuova società. Secondo<br />

lui, perché ciò potesse avvenire, la prima cosa da fare dopo che si fosse compiuta la rivoluzione<br />

era realizzare immediatamente il comunismo anarchico, quello “senza governo, quello <strong>de</strong>gli uomini<br />

liberi[,] (…) la sintesi <strong>de</strong>i due scopi ai quali mira l’umanità attraverso i tempi: la libertà economica e la<br />

libertà politica” (KROPOTKIN, 1948:25).<br />

Dopo aver discusso a lungo sull’inutilità <strong>de</strong>llo Stato e la ten<strong>de</strong>nza naturale <strong>de</strong>gli individui<br />

alla cooperazione e al mutuo appoggio, KROPOTKIN arriva alla necessità di realizzare<br />

l’espropriazione, argomentando che l’unica forma di realizzarla con successo era al di fuori <strong>de</strong>lla<br />

società capitalista. Secondo lui, a “ogni fase economica corrispon<strong>de</strong>[va] la sua fase politica, e [sarebbe<br />

stato] impossibile di colpire la proprietà senza trovar nel me<strong>de</strong>simo istante una nuova maniera di vita<br />

politica” (KROPOTKIN, 1948:29).<br />

Nel quarto capitolo, L’espropriazione, KROPOTKIN dà seguito al suo ragionamento,<br />

mettendo in luce gli obiettivi <strong>de</strong>ll'espropriazione che inten<strong>de</strong>va dovesse essere fatta: “vogliamo<br />

organizzarci in maniera che ogni essere umano che venga al mondo, abbia la possibilità assicurata di<br />

imparare dapprima un lavoro produttivo, e acquistarne l’abitudine; e in seguito di poter fare questo<br />

lavoro senza domandarne il permesso al proprietario e al padrone, e senza pagare agl’incettatori <strong>de</strong>lla<br />

terra e <strong>de</strong>lle macchine la parte <strong>de</strong>l leone su tutto ciò ch’egli produrrà.<br />

(…)<br />

451 “Ed è logico. Poiché, quando gli strumenti di lavoro fossero di proprietà comune, sarebbero i lavoratori che<br />

retribuirebbero se stessi! Ciò che sarebbe assurdo. N.d.T.” (KROPOTKIN, 1948:22 n. 2)<br />

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